C’è il «pericolo di lesione del diritto alla vita di relazione» (articolo 2 della Costituzione), «produttiva di gravi conseguenze psichiche ed educative a carico del minore», al centro dell’ordinanza cautelare della giudice del tribunale per i Minorenni dell’Aquila, Cecilia Angrisano, che ieri ha disposto il collocamento dei tre figli di Catherine Birmingham e Nathan Trevallion in una comunità educativa.
Il provvedimento ha contestualmente disposto la sospensione della responsabilità genitoriale nominando Maria Luisa Palladino, legale, tutrice dei bambini che fino a ieri pomeriggio vivevano con la famiglia in una casa tra gli alberi in territorio di Palmoli. Per collocare i minori nella comunità educativa c’è stato un grande dispiegamento di forze dell’ordine che hanno istituito posti di blocco sulla Provinciale che conduce all’abitazione.
Secondo il tribunale «la deprivazione del confronto fra pari in età da scuola elementare può avere effetti significativi sullo sviluppo del bambino, che si manifestano sia in ambito scolastico che non scolastico», si legge in una nota dell’Ansa. È necessario allontanare i minori dall’abitazione familiare, si legge ancora, «in considerazione del pericolo per l’integrità fisica derivante dalla condizione abitativa, nonché dal rifiuto da parte dei genitori di consentire le verifiche e i trattamenti sanitari obbligatori per legge».

Inoltre, «l’assenza di agibilità e pertanto di sicurezza statica, anche sotto il profilo del rischio sismico e della prevenzione di incendi, degli impianti elettrico, idrico e termico e delle condizioni di sicurezza, igiene, salubrità dell’abitazione, comporta la presunzione ex lege dell’esistenza del periodo di pregiudizio per l’integrità e l’incolumità fisica dei minori».
L’ordinanza, inoltre, prende in esame anche l’elevata esposizione mediatica del caso finito per settimane al centro di dirette televisive e servizi delle più importanti testate nazionali. La giudice parla di violazione del diritto alla riservatezza dei minori (in alcuni casi, come nel programma Le Iene, i bambini sono stati mandati in onda senza alcun filtro). Anche quest’aspetto testimonierebbe, secondo il tribunale, la non capacità della coppia di proteggere la sfera privata dei figli: «I genitori hanno mostrato di fare uso dei propri figli allo scopo di conseguire un risultato processuale a essi favorevole […] Tale risultato processuale è da essi perseguito non all’interno del processo, avvalendosi dei diritti garantiti dalle parti dalla legge processuale, ma invocando pressioni dell’opinione pubblica sull’esercizio della giurisdizione».









