Processo alla ‘ndrangheta, chiesti 10 anni per 63enne di San Salvo. La difesa: «Posizione marginale»

Si è chiusa con 16 richieste di condanna la requisitoria del pubblico ministero nel processo con rito abbreviato dell’operazione antimafia Habanero, che punta a far luce sugli equilibri e gli scontri tra i clan delle Preserre vibonesi, area pedemontana delle Serre calabresi. Tra gli imputati anche Rodolphe Pinto, 63 anni, residente a San Salvo.

Il palazzo di giustizia di Catanzaro (foto dal sito tribsorv-catanzaro.giustizia.it)

Il pm della Dda di Catanzaro, Andrea Buzzelli, ha chiesto per lui una condanna a 10 anni per il reato di associazione mafiosa nell’ambito dell’inchiesta che ricostruisce lo scontro tra i clan Maiolo di Acquaro e Gallace di Gerocarne. Nello stesso procedimento è stata avanzata la richiesta di ergastolo per Francesco Capomolla, accusato di aver preso parte alla cosiddetta strage di Ariola del 25 ottobre 2003, in cui furono uccise tre persone e una quarta rimase ferita.

La difesa di Pinto, rappresentata dall’avvocato Giuseppe La Rana del foro di Vasto, contesta la ricostruzione dell’accusa: «Il pm ha chiesto 10 anni ritenendo sussistente il reato associativo, ma noi riteniamo che Pinto abbia un ruolo di assoluta marginalità nell’ampio alveo dell’inchiesta. Inoltre, le condotte contestate sono già oggetto del processo Blumarine a Vasto: per questo chiediamo venga applicato il principio del ne bis in idem, perché nessuno può essere processato due volte per gli stessi fatti. Al mio assistito viene attribuito di aver favorito l’ingresso della criminalità calabrese in Abruzzo e di aver fornito un’arma all’organizzazione. Ci sembra esagerata la richiesta sproporzionata rispetto alla marginalità della posizione del mio assistito».

Già calendarizzate le prossime udienze: le arringhe difensive inizieranno il 15 dicembre per concludersi a marzo.

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