Il prossimo 3 novembre Jessica Tinari avrebbe compiuto 33 anni. In sua memoria, come ogni anno, sarà celebrata una messa nella chiesa di Santa Maria Maggiore a Vasto. Così, in un giorno che fino al 2016 era stato di festa, familiari e amici ricorderanno la 24enne estetista che sotto le macerie dell’hotel Rigopiano ha perso la vita insieme al suo fidanzato, Marco Tanda, 25 anni, primo pilota della Ryanair. Due ragazzi che progettavano una vita insieme hanno visto spezzarsi i loro sogni sotto la valanga che ha travolto l’albergo di Farindola. Con loro altre 27 vittime tra ospiti e personale della struttura ricettiva in quel 18 gennaio 2017. Undici le persone salvate dai soccorritori. Oggi in Corte d’appello a Perugia è iniziato il processo bis [LEGGI].

Papà Mario Tinari vorrebbe vedere al più presto la fine di un procedimento giudiziario snervante: «Ci aspettiamo tre-quattro udienze prima della sentenza. C’è la prescrizione delle accuse di omicidio colposo, ma in questo nuovo processo d’appello sono entrati altri funzionari dopo la sentenza della Cassazione», che ha annullato con rinvio il verdetto della Corte d’appello dell’Aquila nei confronti di dieci imputati. «Non vedo l’ora che finisca l’iter giudiziario dopo otto anni. La verità è che tutti si potevano salvare. Se fosse stata interrotta quella catena di mancanze, si sarebbero potuti salvare. Quell’hotel non poteva rimanere aperto d’inverno, o almeno andavano garantite le vie di evacuazione. Tra poco saranno trascorsi nove anni, non vedo l’ora che finisca almeno il procedimento penale. Al termine del primo grado di giudizio sembrava quasi che la colpa fosse di noi che combattevamo per ottenere giustizia. Nel secondo grado c’è stato un parziale ribaltamento della prima sentenza, poi la Cassazione ha tirato dentro altri imputati. Non godo nel vedere persone condannate, voglio solo sapere chi è colpevole. Esercitare una carica pubblica vuol dire adoperarsi per gli altri. Chiedo solo una sentenza definitiva che accerti le responsabilità. E chi sarà condannato cambi lavoro».

«Cerchiamo giustizia. La verità la sappiamo perfettamente tutti», ha dichiarato stamani Gianluca Tanda, fratello di Marco. «Fin dall’inizio abbiamo puntato sulla Regione – ha detto ancora Tanda – perché era la grande assente in questo processo, abbiamo sempre sostenuto questa tesi. Ci sono voluti anni ma poi finalmente la Cassazione ha disposto questo processo. Secondo noi oggettivamente hanno avuto delle responsabilità».











