«Non c’è niente di più triste di un pallone sgonfio»: questa breve frase di Edson Arantes do Nascimento, conosciuto al mondo come Pelè sembra calzare a pennello per definire la situazione, semplicemente caotica, che sta vivendo il calcio a Lanciano. Una presente pieno d’incertezza, nato negli ultimi anni tra alterne fortune, alti e bassi, che sembra oggi però aver toccato uno dei punti più bassi. Qualche giorno fa un allarmante comunicato a firma di alcuni tifosi, aveva posto l’attenzione sul futuro del calcio rossonero, un futuro che ad oggi sembra essere decisamente nero.
Ieri pomeriggio infatti, durante l’ultima gara interna giocata con il Capistrello, la curva sud ed in particolare il gruppo di ultras Anxa Rebel ha esposto, dalle gradinate del “Biondi”, due striscioni il cui messaggio decisamente eloquente, lascia pochissimo spazio all’immaginazione: “Per la nostra città mai con questa società” e “Questa maglia non è U.S.A. e getta grazie ragazzi orgogliosi di voi”. Evidenti e diretti sono i riferimenti all’attuale dirigenza italo-americana, guidata dal pittoresco Max Pincione, imprenditore di origini abruzzesi ma residente negli States che dopo le problematiche esperienze con lo Spoleto ed il Pescara Calcio aveva deciso in estate, di riprovarci con il pallone, rilevando il Lanciano Calcio.
Nonostante la fama che lo precedesse non fosse delle migliori, Pincione, spalleggiato dal socio Glenn Roberts, aveva provato ad ingraziarsi la piazza frentana con tante promesse, mille proclami e fantomatici progetti di cui oggi, a distanza di mesi non resta nulla...anzi, la situazione è a dir poco allarmante: sul piano tecnico, con un via vai di giocatori, allenatori esonerati e poi richiamati (eloquente la staffetta Bellè-Pasculli-Bellè) ed un campionato chiuso fallendo quell’accesso ai playoff, che nelle parole della proprietà doveva rappresentare l’obiettivo minimo ed il «trampolino per riportare in alto il Lanciano, verso ben altre categorie».
Ben più grave è la situazione a livello gestionale con pesanti ritardi nei pagamenti degli stipendi e dei rimborsi, e con i giocatori costretti ad autofinanziarsi per raggiungere con mezzi propri le sedi delle partite esterne. Semplicemente assurda è poi la mancanza di materiale sportivo e di abbigliamento tecnico (divise e palloni) da utilizzare durante le sessioni di allenamento. La piazza ed i tifosi che hanno “risparmiato” dalle critiche allenatore e giocatori, costretti a lavorare nel caos e nell’improvvisazione più assoluta, tornano a chiedersi quale sarà il futuro del calcio lancianese.
Per saperlo servirebbe la proverbiale “palla di vetro”, ma quello che possiamo affermare con certezza è che questa nuova situazione di caos non nasce oggi, ma ha radici ben più profonde che affondano al 2016 quando, dopo i fasti della serie B, la famiglia Maio decise di disimpegnarsi dal mondo del calcio professionistico. Dopo gli anni d’oro della cadetteria e delle grandi imprese sportive nessun imprenditore, o cordata cittadina è riuscita (o forse non ha voluto) ereditare la gestione di una società che potesse dare un futuro al calcio cittadino, prestando di fatto il fianco all’arrivo in città di personaggi non locali dalla dubbia serietà che ad oggi rendono incerto e nebbioso il futuro dello “sgonfio” pallone rossonero.
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