«È incinta? Il suo contratto di lavoro non sarà rinnovato»

«Mi sono sentita in colpa per aver deciso di avere un bambino ma non è giusto, ancora nel 2022, sentirsi in dovere di scegliere tra famiglia e lavoro».

A dirlo a Chiaro Quotidiano è Chiara, nome di fantasia per tutelare la sua privacy, che non si è vista rinnovare il contratto di lavoro dopo aver inviato la richiesta di interdizione dopo i primissimi mesi di gravidanza. «Ho iniziato a stare male praticamente da subito – ci racconta Chiara – e la mia ginecologa mi aveva consigliato sin dalle primissime settimane di stare a riposo, firmandomi i documenti per l’interdizione. Io però volevo continuare a lavorare e quindi quel foglio l’ho messo in un cassetto ed ho provato con tutte le mie forze ad andare avanti, nonostante ogni mattina dovessi prendere la macchina e farmi 40 chilometri per raggiungere il mio posto di lavoro».

Purtroppo però il malessere non passava e, tra nausee e stanchezza, Chiara si è trovata costretta a tirare fuori dal cassetto quel foglio e chiedere la sospensione dal lavoro, così come previsto dalla legge. «Come mi hanno comunicato la conclusione del rapporto di lavoro? Con una mail, in risposta alla mia, in cui chiedevo, come facevo ogni volta che mi scadeva il contratto, ogni tre mesi, se mi fosse stato rinnovato. Lì l’amara scoperta. – ricorda Chiara – Ho ricevuto una loro mail in cui, in modo scarno e asettico, mi veniva comunicata la scadenza ed il non rinnovo del contratto».

In fondo se l’aspettava, ma nello stesso tempo si dice arrabbiata perché «non è possibile essere punita per un diritto previsto dalla legge» e l’amarezza era così tanta che non ha provato a fare neanche una telefonata per chiedere spiegazioni, dopotutto «hanno agito nella piena legalità».

Mi sono sentita sbagliata, in colpa, perché non sono stata subito felice di aspettare un bambino ma preoccupata per il futuro del mio lavoro.

Ed era proprio di quei giorni la notizia rimbalzata su tutti i giornali italiani della donna miracolosamente assunta nonostante fosse incinta. «Ero felice per lei, ovvio, ma ho provato talmente tanta rabbia nel vedere quella notizia ovunque. – ricorda Chiara – Non dovrebbero essere quelle le notizie, ma la normalità e invece è diventata una storia da prima pagina. Dovremmo chiederci il perché».

«È il periodo più bello della tua vita, goditelo». Questo è quello che si sente ripetere ogni quasi mamma durante i mesi della gestazione. Ma come godersi un momento così se il pensiero e la preoccupazione vanno dritti, da subito, verso il lavoro? «Mi sono sentita sbagliata, in colpa, perché non mi sono sentita subito felice di aspettare un bambino ma preoccupata per il futuro del mio lavoro. – dice Chiara – E intorno a me non ho visto solidarietà ma solo tanti “cosa ti aspettavi”. Ecco, è questa la cosa che mi ha fatto più male. La totale mancanza di umanità».

Chiara lavorava in quell’azienda da meno di un anno ma per lei rappresentava un piccolo traguardo, dopo anni di sacrifici per poter fare, finalmente, il lavoro che le piaceva, aiutando il prossimo. «Io condanno anche quelle donne che, passatemi il termine, se ne approfittano e tornano al lavoro dopo anni, ma io non l’avrei mai fatto. – sottolinea ancora Chiara – Il mio bambino arriverà a fine luglio e sono felice che sia un maschietto perché, anche tra vent’anni, ci troveremo sempre a fare i conti con una società patriarcale in cui fare figli è sì, la cosa più bella del mondo, ma anche una colpa che la società ed il mondo del lavoro non ti perdonano».

Articoli correlati

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *