I terreni dell’ex Cotir potrebbero essere contaminati, per questo prima di procedere a un loro diverso utilizzo c’è bisogno di analisi. È quanto emerge dopo il servizio realizzato nei giorni scorsi nell’ex centro di ricerche di contrada Zimarino.
Il progetto per una eventuale riconversione prevede un campo fotovoltaico che fornirà l’energia necessaria alla produzione dell’idrogeno. I pannelli solari andrebbero installati nei campi retrostanti le strutture del Cotir. In questi stessi terreni il Consorzio per la divulgazione e la sperimentazione delle tecniche irrigue testava fertilizzanti e altri prodotti per l’agricoltura, per questo motivo oggi l’area è inserita nell’elenco dei siti potenzialmente contaminati della Regione.
Nelle scorse settimane, da quanto si apprende dalla stessa Arap che qui dovrebbe realizzare il progetto della centrale per la produzione di idrogeno, sono stati effettuati prelievi di terreno sul quale effettuare le analisi. Nel caso risultasse contaminato, prima di un nuovo utilizzo, andrebbe effettuata la bonifica.
I tempi per una riconversione potrebbero quindi allungarsi ulteriormente. Entro il 2026, qui si dovrebbe produrre idrogeno come dettato dai tempi del Pnrr per non perdere i 10 milioni di euro di finanziamento (per l’intero progetto ne servirebbero altri 16).
Da capire, inoltre, oltre ai terreni, quale sarebbe l’impatto del progetto sulle strutture oggi completamente devastate dall’azione di vandali e ladri: una distruzione di patrimonio documentale e di beni (nei locali sotterranei c’è ancora il dispositivo Nmr, costato svariate centinaia di migliaia di euro per la determinazione delle strutture molecolari dei campioni) che prosegue anno dopo anno e che si sarebbe potuta evitare almeno con una adeguata messa in sicurezza dell’area.
Le “eccellenze” italiane.