Tanti sono i riti legati alla Settimana Santa nati dalla fede, dalle tradizioni ed antiche devozioni non sempre perdute, ma anzi spesso gelosamente tramandate nei secoli ed arrivate praticamente intatte fino ad oggi. Una di esse, la pratica dei cosiddetti sepolcri si svolge il Giovedì Santo, giorno in cui con dalle prime ore del pomeriggio e fino a tarda notte i fedeli si recano nelle chiese, principalmente ubicate nel centro storico per adorare e raccogliersi in preghiera dinnanzi a questi sepolcri termine popolare con cui vengono identificati i cosiddetti altari della reposizione, luoghi in cui nella liturgia cattolica, viene appunto riposta e conservata l’Eucarestia al termine della messa vespertina del Giovedì Santo rito questo detto appunto della Cena del Signore (Missa in Coena Domini).
Tra gli addobbi tipici dei sepolcri, troviamo i fiori bianchi, il vino fatto bollire con l’incenso e i semi di grano germogliati al buio che simboleggiano il passaggio dalle tenebre della morte di Gesù alla sua resurrezione. Nell’altare vengono collocati il tavolo, simbolo del sacrificio, il pane, i dodici piatti degli Apostoli e il tabernacolo dove è collocata l’Eucarestia. Tutto il resto in chiesa viene oscurato in segno di dolore perché è iniziata la Passione di Gesù: le campane tacciono, l’altare più grande è disadorno, il tabernacolo vuoto è aperto, i crocifissi coperti. La moderna pratica dei Sepolcri secondo gli storici cattolici parrebbe rifarsi alla cosiddetta visita alle Sette Chiese che pur risalendo ai primi secoli delle antiche comunità cristiane, fu riscoperta e recuperata, a partire dal 1552, da San Filippo Neri, importante figura dell’ambiente romano all’epoca della Controriforma, come itinerario quaresimale diventando ben presto un’usanza molto radicata nella popolazione di quel tempo. Se oggi la visita ai sepolcri inizia la sera del Giovedì Santo e prevede la sosta in almeno tre chiese o comunque in un numero dispari, in origine queste “stazioni” non dovevano essere meno di sette.
L’itinerario filippino si snodava lungo le strade di Roma e per ventiquattro chilometri prevedeva sette fermate presso le quattro basiliche maggiori di San Pietro in Vaticano, San Giovanni in Laterano, Santa Maria Maggiore, San Paolo fuori le mura e alle tre basiliche minori di San Sebastiano sull’Appia, Santa Croce in Gerusalemme e San Lorenzo fuori le mura. Le sette chiese hanno però una simbologia particolare: la prima chiesa ricorda il viaggio di Gesù dal Cenacolo, dove celebra l’Ultima Cena con i suoi discepoli, al giardino del Getsemani dove prega e suda sangue. La seconda fa riferimento al passaggio dal giardino del Getsemani alla casa di Anna, dove fu interrogato da questo e ricevette uno schiaffo Nella terza chiesa, la preghiera si concentra sul viaggio di Gesù nella casa di Caifa, dove ha ricevuto sputi, insulti e sofferto per tutta la notte, mentre il centro di riflessione per la quarta chiesa è la prima apparizione di Gesù davanti a Pilato, il governatore romano della regione. Nella quinta chiesa il Signore è accompagnato nella sua apparizione davanti al re Erode, nella sesta si medita sulla seconda apparizione davanti a Pilato e quando Gesù fu coronato di spine e condannato a morte, mentre nell’ultimo tempio ricordiamo il viaggio di Cristo dalla casa di Pilato al monte Calvario portando la croce sulle spalle, la sua morte e il suo passaggio alla tomba, da dove risorge il terzo giorno.
Nella Città Eterna, le basiliche custodiscono da sempre importanti reliquie della cristianità e sono considerate anche luogo di sepoltura dei primi martiri: proprio da questa ragione nacque l’uso popolare di indicare le stazioni di questo itinerario con il nome di sepolcri, nome che la tradizione ha portato poi erroneamente ad identificare con il semplice tabernacolo che si espone sull’altare al termine della messa serale del Giovedì Santo. A Lanciano, come in numerose città di millenaria origine, questa usanza è ancora molto forte culminando con l’ingresso al monumentale sepolcro di Cristo, allestito ogni anno nella chiesa di Santa Chiara e con la stessa processione degli Incappucciati che parrebbe trarre origine da questa profonda forma di devozione popolare che a Lanciano si trasforma in una struggente esperienza di spiritualità collettiva.