«Sfruttare la decadenza delle concessioni per tornare a spiagge liberamente fruibili anche per ragioni di equità sociale, con servizi di base, strutture leggere rimovibili e tanta natura». Sono le richieste che otto associazioni ambientaliste hanno messo nero su bianco nella lettera inviata alle procure abruzzesi e a enti nazionali e locali «per chiedere con forza che la vicenda delle concessioni balneari ormai da considerarsi decadute evolva da un lato verso un numero maggiore di spiagge libere e dall’altro verso gare per l’assegnazione dei lidi rimanenti fondate su stringenti criteri ambientali», si legge in una nota di Stazione Ornitologica Abruzzese, Lipu, Altura, Forum H2O, Paliurus, Rewilding Apennines, Gruppo di intervento giuridico e Forum ambientalista.
Secondo gli ecologisti, «in Abruzzo la percentuale di spiagge fortemente antropizzate a causa delle concessioni affidate a privati è tra le più elevate del paese, con scomparsa delle dune e di decine di specie animali e vegetali da ampi tratti di costa. Lo stesso Piano del demanio regionale del 2015 ammetteva tale condizione di stress ambientale e indirizzava verso una rinaturalizzazione almeno parziale della costa. Sono passati nove anni e tutto è rimasto sulla carta. Anzi, la condizione ambientale continua a peggiorare. Dopo l’ennesima pronuncia del Consiglio di Stato che non ha fatto altro che ribadire quanto già stranoto a tutti gli addetti ai lavori e, cioè, che sono illegittime proroghe oltre il 2023 per l’assegnazione delle concessioni balneari senza gara, ad avviso delle associazioni ora si può percorrere una strada ancora più semplice, quella di non mettere a gara i tratti di spiaggia ma farli diventare spiagge libere come avviene in gran parte dei paesi europei. Lì i tratti accessibili dai cittadini senza pagare coprono la stragrande parte della costa. Le residuali concessioni hanno strutture che vengono rimosse a fine stagione. In questi paesi, ad esempio la vicina Francia, l’economia turistica è anche più sviluppata».
Una proposta che «persegue anche un obiettivo di equità sociale, visto che tante persone non possono permettersi gli esosi servizi offerti oggi dai concessionari», affermano le organizzazioni ecologiste. «Da un punto di vista ambientale, sarebbe molto più semplice fare tornare in pochi anni, anche spontaneamente o con pochi interventi, quei sistemi dunali che aiuterebbero anche a proteggere l’arenile da un’erosione che diventerà sempre più incalzante con l’innalzamento del livello medio marino a causa della crisi climatica in atto. Non si tratterebbe di lasciare queste spiagge incontrollate. Come accade appunto negli altri paesi sarebbe possibile sviluppare servizi di affitto ombrelloni con strutture temporanee rimovibili a fine stagione all’ingresso delle spiagge (non sopra di esse), garantendo la sicurezza e sviluppando anche un’imprenditoria locale. Per le residuali concessioni che andrebbero a gara, le associazioni chiedono che siano previsti nei bandi stringenti criteri ambientali al fine di consentire la formazione delle dune almeno nelle aree retrostanti gli ombreggi, permettendo anche in questo caso solo strutture realmente rimovibili e vietando l’uso di ombrelloni di plastica. Le associazioni auspicano che le scelte delle amministrazioni ai vari livelli siano improntate ad una gestione concretamente equilibrata ed ecologicamente sostenibile della costa, che non può che avvenire con decisioni che seguano queste indicazioni».