Abbiamo conosciuto Filomena Piccirilli per le sue traversate a nuoto nello Stretto di Messina [LEGGI] e nel Bosforo [LEGGI]. Nella Giornata internazionale della donna ci parla della sua esperienza personale, che ha ispirato il suo lavoro di consulente relazionale, di come affrontare le relazioni tossiche e uscirne.
In cosa consiste il ruolo di consulente relazionale?
«Aiuto perlopiù persone che sono all’interno di relazioni infelici, persone che sono appena uscite da una relazione infelice e persone che hanno avuto solo relazioni infelici ad acquisire strumenti e consapevolezze per costruire delle relazioni felici e lo faccio attraverso delle consulenze online. L’approccio che ho scelto di adottare è molto pratico perché è basato sulla consapevolezza e sull’azione: credo fermamente che solo applicando dei nuovi strumenti sia possibile generare dei risultati diversi rispetto a quelli ottenuti in passato. Sono sempre stata affascinata dal pensiero umano, infatti mi sono laureata e specializzata in filosofia, ma solo in seguito, dopo aver preso consapevolezza di aver vissuto perlopiù relazioni disfunzionali, ho scelto di specializzarmi in psicologia applicata. Dal 2020 ho creato il mio protocollo in cui ho unito le competenze acquisite negli anni e le esperienze vissute e prima ancora di diventare il mio lavoro considero quello che faccio un’espressione del mio essere ed una vera e propria missione di vita, perché ho sperimentato sulla mia pelle la sofferenza che causa il vivere all’interno di relazioni infelici e la serenità che è possibile trovare dentro di sè affidandosi a dei professionisti. Se grazie al mio lavoro posso aiutare qualcuno a vivere un giorno in meno di sofferenza e un giorno in più di felicità posso dire di aver onorato pienamente la mia vita».
Ti è capitato di riscontrare scetticismo attorno a questo lavoro?
«Raramente, anzi rimango sempre molto stupita dal calore umano con cui mi avvolgono le persone che seguono le mie pagine social. Ogni giorno, da anni, pubblico contenuti gratuiti per aiutare le persone a costruire relazioni felici e per renderle consapevoli di tutti quei comportamenti che non sono sani all’interno di una relazione. Ciò, oltre a dare la possibilità alle persone di fare un’autovalutazione della propria situazione, sicuramente ha creato un rapporto di fiducia fra me e il mio pubblico. Incontro, invece, tanto scetticismo sulla possibilità che ci siano persone “serie” con cui poter costruire una relazione sana, sulla possibilità di poter essere felici in una relazione e sull’amore in generale. E in consulenza lavoriamo tanto sulle convinzioni (come, per esempio: “gli uomini/le donne sono tutti/e uguali”, “l’amore non esiste”) che ostacolano la possibilità di costruire una relazione felice».
Perché le relazioni tossiche sono sempre più frequenti?
«Spesso gli ambienti in cui dovremmo acquisire gli strumenti e le consapevolezze per costruire relazioni sane e soddisfacenti, come per esempio quello familiare, non sono in grado di fornirci quegli strumenti, perché i genitori stessi non li hanno ricevuti a loro volta. E anzi spesso l’ambiente familiare diventa piuttosto il luogo in cui assorbiamo e impariamo schemi comportamentali completamente disfunzionali. Accettando e normalizzando, così, ciò che amore non è. È opportuno riconoscere che i genitori fanno il meglio che possono con gli strumenti che hanno e rivolgersi quindi a chi può aiutarci a sviluppare la capacità di amare per poter vivere così delle relazioni felici. Dopotutto la qualità della nostra vita dipende dalla qualità delle nostre relazioni. E coltivare una genuina curiosità verso gli altri può aiutarci sin da subito nel migliorare la qualità delle nostre relazioni».
Nel dare consigli sulle relazioni sane usi anche i social network. Con un semplice reel è davvero possibile sensibilizzare le persone all’amore sano?
«La capacità di amare è una competenza che va acquisita attraverso un percorso, non esiste una bacchetta magica o una soluzione immediata ed efficace. Un reel, così come un post, sono semi di consapevolezza, difatti spesso attraverso quei video le persone si riconoscono in dei comportamenti disfunzionali o riconoscono nelle persone che li circondano quei comportamenti. Acquisire consapevolezza di dove ci si trova è il primo passo per iniziare a trasformare ciò che ostacola la propria felicità e ciò che intacca il proprio benessere interiore».
Come si possono riconoscere?
«I campanelli d’allarme sono tanti: oltre agli abusi fisici e alla violenza verbale, più facilmente riconoscibili, c’è la fretta, persone che dopo due appuntamenti si dichiarano innamorate e ti propongono di trascorrere una vita insieme o di mettere su famiglia, la limitazione della libertà del partner, i ricatti emotivi, l’essere possessivi e gelosi, non riuscire a gioire, anzi essere invidiosi dei traguardi raggiunti dal partner, eccetera. In generale ogni qualvolta che ci si sente di perdere la propria autenticità, in cui si sente di non poter esprimere pienamente se stessi e si sente piuttosto che si dovrebbe essere diversi da come si è per andare bene al partner c’è un incastro tossico. L’amore ci aiuta a fiorire e ad essere più felici, a tirar fuori il meglio di noi. Se in una relazione stiamo appassendo e siamo molto più tristi che felici dobbiamo farci due domande».
Come uscirne?
«Chiedere aiuto ad un professionista è fondamentale. A volte credere di potercela fare da soli fa trascinare per anni delle relazioni infelici e fa trasformare quel malessere emotivo in un malessere fisico, come è accaduto a me. Anche confrontarsi con persone che non hanno strumenti per aiutarci rischia di peggiorare la situazione, invece alzare la mano e lasciarsi aiutare è il vero atto di coraggio perché significa prendersi la responsabilità di cambiare ciò che ci fa star male e darsi la possibilità di trasformare quel dolore in un’occasione di rinascita e di conoscenza di sé. Ricominciare è sempre possibile quando si hanno gli strumenti per poterlo fare».
Cosa ti chiedono principalmente le persone che si rivolgono a te?
«Molte persone vogliono tornare ad essere le donne e gli uomini solari, vitali e sereni che erano prima di vivere quella relazione tossica, altre persone vogliono essere più sicure di loro stesse, per non passare le giornate a controllare i social del partner o della persona che stanno frequentando. Altre si rendono conto di mettere in atto dei comportamenti non funzionali alla loro felicità ma non riescono a modificarli, altre sanno razionalmente cosa dovrebbero fare, come ad esempio lasciare un partner violento, ma non riescono a rendere quelle intenzioni delle azioni concrete. Spesso c’è una ferita da curare dietro quell’incapacità di compiere quei passi. Il comun denominatore delle storie che custodisco è sicuramente il bisogno di amare ed essere amati e di vivere serenamente».
Parlaci della tua prossima traversata a nuoto.
«L’idea di una nuova traversata è stata del tutto inaspettata, è nata a teatro, a Roma, a metà ottobre ascoltando le parole dello scrittore Alessandro D’Avenia: “Cosa ti rende viva? Cosa ti fa nascere ogni giorno di più?”. Amare e nuotare sono i due verbi che hanno dato risposta a quelle domande.
Avevo un sogno, fare la prossima traversata insieme al mio allenatore Walter Coccia, che mi ha insegnato nel 2022 a nuotare e che mi ha affiancata giorno dopo giorno per la preparazione della traversata dello stretto di Messina e del Bosforo. E quest’anno questo sogno diventerà realtà perché nuoteremo insieme la 12 chilometri a Pineto, 6 chilometri verso l’orizzonte in mare aperto e 6 chilometri di ritorno verso la spiaggia. Sono entusiasta sia perché questa traversata si svolgerà in Abruzzo e sia per l’idea che in questa gara ci sia un’andata ed un ritorno, ritornare a sé significa ritornare sempre all’essenziale. Inoltre nuoterò fra due infiniti, quello del mare e quello di un uomo che ha creduto in me prima ancora che io potessi credere in me stessa. I 12 chilometri non sono un obiettivo da raggiungere ma vita, gioia ed emozioni da condividere, paure da scoprire, limiti da toccare, coraggio da partorire, una nuova Filomena da conoscere. Non mi alleno per la gara, ma nuoto per allenarmi alla bellezza, per allenare il mio sguardo a scoprire, ogni giorno, in uno stesso identico gesto, il nuovo, l’invisibile, l’essenziale».