A tredici anni esatti dal sisma che colpì la città de L’Aquila ed una vasta area dell’Abruzzo interno, vogliamo raccontarvi la testimonianza di chi, tra i primi nella città di Lanciano, si organizzò per portare sollievo e conforto morale, ma soprattutto fisico, a tutte quelle migliaia di persone che in una notte hanno dovuto piangere le vittime di un sisma violento. Una grande tragedia che oltre a portarsi via la vita di tanti innocenti, rese tremendamente difficile anche quella chi, nel giro di qualche minuto si ritrovò senza casa, ma soprattutto con davanti un futuro che non poteva non apparire difficile e incerto.
Per ricordare quella data, diventata purtroppo simbolica, della recente storia italiana ed abruzzese abbiamo parlato con Giuseppe Fontana, vicepresidente dell’Associazione Volontari “San Filippo Neri”. «Anche se non ufficialmente – esordisce Fontana – è stato quello il momento in cui è nato il nostro gruppo. Di quella triste giornata ho diversi ricordi: il primo più personale è legato alla sensazione di disagio e d’instabilità che mi colpì durante una delle tante scosse, mentre ero nella mia vecchia casa su corso Trento e Trieste, mentre il secondo è legata a due ragazzi, Daniele e Lorenzo che seppur per motivi diversi, erano riusciti a salvarsi dal terremoto. Daniele infatti da confratello come me (l’associazione dei volontari, nasce infatti all’interno dell’antica Arciconfraternita Morte e Orazione San Filippo Neri) era rientrato a Lanciano dal capoluogo la sera prima per partecipare a i riti della Settimana Santa, mentre la casa di Lorenzo, essendo nuova ed evidentemente realizzata con le giuste accortezze, resse salvando la sua vita e quella dei coinquilini. Entrambi – conclude Fontana – vennero fin dalla mattina in chiesa per cercare di rendersi utili».
L’edificio religioso ubicato all’inizio di corso Roma, e dedicato a Santa Chiara, divenne fin dalle prime luci dell’alba il punto di raccolta per le donazioni spontanee che i cittadini lancianesi volevano far giungere nelle aree del cratere, diventando presto il principale centro di aiuti della città. «Neanche a farlo apposta – ricorda Fontana – quell’anno la Settimana Santa ricadde proprio nei giorni del sisma e per molti di noi che siamo tutt’oggi sia volontari che confratelli, quello è un periodo molto impegnativo e sentito, in cui ci s’impegna in tante attività tra cui l’allestimento del Sepolcro. In quei giorni la nostra amata chiesa aveva un doppio ruolo: uno spirituale che ci vedeva proiettati verso la Pasqua e l’altro ben più “terreno” ma in quel momento, forse più importante legato all’assistenza».
Del resto aiutare il prossimo è uno dei doveri morali del volontario ed anche del confratello: il conforto ed il sostegno verso i malati, i deboli ed i bisognosi furono tra i motivi che già sul finire del ‘500 spinsero i nobili ed i facoltosi cittadini di Lanciano ad unirsi per dare vita al nucleo primitivo della confraternita che, oggi come allora dedica un’ ampia fetta del proprio tempo all’ambito sociale. «Ricordo nitidamente – continua ancora Fontana – che in poco tempo gli spazi non ampi della nostra chiesa non bastarono più per contenere tutti i beni di prima necessità che sia noi volontari che i tanti cittadini frentani continuavano a portarci senza sosta, ed in breve tempo fummo costretti a chiudere al traffico sia corso Roma che la salita dell’Asilo». Il 6 aprile alle 17.00 il primo di tre camion colmi di alimenti, acqua, vestiti e coperte prese la via de L’Aquila, ma soprattutto dei tanti borghi e paesi vicini forse meno importanti ma non per questo meno colpiti dalla forza, spesso brutale della natura.
«Quel tragico evento – racconta ancora il vicepresidente – ci spinse ad organizzarci formalmente in un’associazione vera e propria ed aperta a tutti, che nacque ufficialmente nel novembre del 2009 e che ancora oggi, in occasione del recente sisma di Amatrice o nel pieno dell’emergenza dovuta al Covid 19 ci vede uniti ed impegnati in prima linea per ogni tipo di bisogno». Anche se l’associazione è un ente a se stante il suo legame con i valori sia morali che spirituali del sodalizio religioso è molto forte ed anche lo spirito sociale che anima l’associazione nacque, quasi per caso, tanti anni fa «Io ed altri confratelli – ci racconta il nostro interlocutore – ci trovavamo insieme per una pizza: una volta pagato il conto avanzarono alcune lire e scherzando, ma non troppo, l’allora priore Roberto Valerio, propose da quei pochi spicci, di dare vita al settore delle “opere sociali” dell’arciconfraternita». Quella che inizialmente sembrò solo una simpatica battuta, divenne presto realtà con le raccolte di beni che vennero organizzate sia in occasione dell’alluvione del Tanaro (1994) che durante la guerra in Kosovo (1999). «Aiutare fa parte da secoli del nostro dna e quello che oggi portiamo avanti non fa altro che ricalcare lo spirito e gli intenti dei nostri predecessori – conclude Fontana – ma posso dire che da quei giorni di aprile di tredici anni fa ad oggi questo verbo è ancor più radicato nei cuori e nel pensiero di tutti noi, sia confratelli che volontari».