È di un vastese, Lorenzo Ruffilli, la migliore tesi di laurea del 2023 legata al tema della tutela dei consumatori. A lui e a una studentessa di Catania, Giulia Anzelmo, è stato assegnato il Premio Vincenzo Dona, assegnato ogni anno dal 2007 dall’Associazione nazionale consumatori e patrocinato dalla presidenza del Consiglio dei ministri e dai ministeri delle Imprese e del Made in Italy e delle Politiche agricole. La premiazione si è svolta il 29 novembre all’Ara Pacis di Roma. L’argomento di quest’anno era Ri-Gener-Azioni, con riguardo in particolare all’intelligenza artificiale, alle sfide attuali che le aziende devono affrontare e alle nuove generazioni. Il tema è stato illustrato da Massimiliano Dona, presidente dell’Unione italiana consumatori, e da Gianni Bientinesi, amministratore delegato di Business intelligence group e autore del libro Ri-Generazione-Bisogni e Sfide della Prossima Generazione.
Reversal Influencer Marketing: Exploring the “Deinfluencing trend: è il titolo della tesi di Lorenzo Ruffilli che, dopo la maturità scientifica al liceo Mattioli di Vasto, ha conseguito prima la laurea triennale di Economia e gestione aziendale all’Università Cattolica del Sacro Cuore a Milano e poi la magistrale in Management of Innovation and Entrepeneurship.
«La mia tesi di laurea parte dall’analisi di quello che è un fenomeno che ormai sta spopolando, soprattutto dopo l’avvento di TikTok: l’influencer marketing», ha spiegato Lorenzo in un’intervista pubblicata sul sito Internet di Business intelligence group (leggi). «Facendo delle ricerche, mi sono imbattuto in quello che è il deinfluencing, un trend portato avanti da persone che vengono chiamate deinfluencer, che parlano dei prodotti da esse utilizzati ma non ricevono compensi economici dai brand dei prodotti in questione. Una caratteristica importante di queste figure è che recensiscono i prodotti soltanto dopo averli provati, elencandone pro e contro sulla base della propria esperienza personale. L’obiettivo della ricerca è stato quello di indagare l’impatto che i deinfluencer hanno sul brand di cui recensiscono i prodotti e sui consumatori a cui è indirizzata la loro comunicazione. Ho utilizzato come caso concreto quello di Yepoda, un brand di skincare che ha deciso di fare una comunicazione aggressiva affermando che i propri prodotti fossero adatti ad ogni tipo di pelle e coinvolgendo numerosi influencers per lanciare questo messaggio. Queste figure hanno riportato quanto detto dal brand, ma sono intervenuti i deinfuencer, che si sono schierati contro questa pratica. Passando alla pratica, mi sono servito di un’indagine qualitativa, nello specifico di un focus group, al fine di investigare i momenti importanti della customer journey prima e dopo aver saputo dello “scandalo”, facendo quindi un confronto tra le due situazioni. Ciò che è emerso è che nessuno avrebbe più comprato prodotti di quel brand dopo aver saputo l’accaduto. Ho allargato il campione tramite un’indagine online, che ha confermato i risultati precedenti. Ciò che mi sta a cuore è che i brand utilizzino una comunicazione trasparente con i consumatori, non facendo passare i loro prodotti come perfetti, ma elencandone le caratteristiche in maniera completa. In azienda non si dovrebbe preferire sempre e soltanto il guadagno economico, ma bisognerebbe puntare ad una community fedele. Dal lato dei consumatori, la mia tesi di laurea ha avuto l’obiettivo di sensibilizzarli in modo da renderli consapevoli di queste strategie messe in atto da alcuni brand».