Le domande che devono ancora trovare risposta sono sei. Tre su tutte: la valanga che ha travolto l’hotel Rigopiano di Farindola era prevedibile? Fu causata o no dalle scosse di terremoto? La viabilità era adeguata? I soccorsi sono stati tempestivi o sarebbero potuti arrivare prima? Quesiti cui devono rispondere Daniele Bocchiola, Giovanni Menduni, Claudio e Marco Di Prisco, i periti nominati dal gup del Tribunale di Pescara, Gianluca Sarandrea, per far luce sulla tragedia costata la vita a 29 persone. Oggi i consulenti tecnici d’ufficio sono tornati sul luogo della catastrofe insieme ai periti nominati da parti civili e imputati per determinare, in contraddittorio, il punto in cui si trovasse il resort, in modo da chiarire la dinamica dell’accaduto.
Cinque anni di attesa: «Speriamo che entro fine 2022 termini il primo grado di giudizio»
Per il 29 aprile è fissata l’udienza, ma è probabile un ulteriore rinvio per consentire ai tecnici di ultimare le relazioni conclusive della perizia. «La speranza è che entro fine anno si possa chiudere il primo grado di giudizio», dice a Chiaro Quotidiano Mario Tinari, papà di Jessica, morta a 24 anni insieme al suo ragazzo 25enne, Marco Tanda, sotto la slavina che ha spezzato le vite di 29 persone il 18 gennaio 2017. «Siamo stanchi di queste attese snervanti, ormai sono passati più di cinque anni senza essere arrivati alla conclusione. Però il fatto che gli imputati abbiamo scelto il rito abbreviato ci fa sperare di poter evitare un ulteriore allungamento dei tempi». Le accuse a vario titolo vanno dal distrastro colposo, all’omicidio colposo, alle lesioni colpose plurime, ma nei confronti di alcuni dei 29 imputati i pm Giuseppe Bellelli e Andrea Papalia ipotizzano anche l’abuso edilizio e il falso ideologico. Su alcune di queste ipotesi di reato, però, il rischio si chiama prescrizione nei successivi gradi di giudizio.