Alzi la mano chi conosce Raffael Tonello. In realtà neanche chi scrive questa intervista ne era a conoscenza fino a qualche giorno fa prima di incrociarlo grazie al prezioso assist di un amico. Se vi dicessimo che trent’anni fa un “vastese” ha esordito in Bundesliga ci credereste?
Eppure non vi raccontiamo nessuna fake news ma la storia del cinquantenne Raffael Tonello, tedesco di chiare e orgogliose origini vastesi. Lo incontriamo in una bollente mattina d’agosto sulla via Adriatica nel centro storico con l’infinito mare di Vasto ad accompagnarci da sfondo alla lunga e piacevole chiacchierata.

Partiamo dalla domanda principe, davvero sei il primo italiano ad aver esordito in Bundesliga? «Confermo tutto, era ottobre del 1995, avevo compiuto vent’anni e negli anni precedenti avevo già esordito prima in Serie C e poi in B. Un passo alla volta per una vita fino a quel momento dedicato al calcio, con il Fortuna Düsseldorf avevo toccato il cielo con un dito riuscendo a trasformare il sogno in realtà».
Prima di arrivare al novembre del ’95 proviamo a ripercorrere la vita di Raffael, nato nel cuore della Ruhr a Mülheim an der Ruhr. Da genitori tedeschi, papà veneto, Luciano Tonello, di Montebelluna e mamma vastese doc, Rosa Sanconcordio. Entrambi partiti per la Germania all’inizio degli anni ’60, lì si sono conosciuti mettendo su famiglia e restandoci per tutta la vita. Rimasti sempre legati alle loro origini, quelle venete e soprattutto il mare vastese. «La nostra casa a Vignola, a due passi dal mare – le parole di Raffael Tonello – è sempre stato il posto del cuore di tutta la famiglia. Da quando sono piccolo torno sempre nella città d’origine di mia madre, crescendo ho dovuto diminuire i giorni di svago a Vasto a differenza di mia madre che per sua fortuna torna ogni anno e resta in questa meravigliosa città per tanti mesi». La scelta di troncare il nome fu una scelta precisa di mamma Rosa: «Mio nonno si chiamava Raffele, lei volle dare al nome un suono più internazionale togliendo la e finale».
La strada per arrivare fino all’esordio in Bundesliga non è stata una passeggiata: «Ho sempre studiato e giocato, libri e allenamenti, in campo e giù in strada sotto casa. Vengo da una scuola “severa”, quella di mio nonno paterno che ai suoi figli non ha mai perdonato nulla chiedendogli sempre il massimo senza scuse e scorciatoie. Sapevo sin da piccolo che per arrivare ad alti livelli dipendeva solo ed esclusivamente da me, dovevo allenarmi duramente senza mai abbassare la guardia. Ripensando a me da piccolo posso dire di essere stato un vero martello nei miei confronti».

Quella “scuola” lo ha portato, passo dopo passo, dalle giovanili del TuS Union 09 Mülheim fino, ad inizio anni ’90, alle giovanili del Fortuna Düsseldorf arrivando in prima squadra. Con una data principe nella sua vita da calciatore, il 28 ottobre del 1995 quando, a mezzora dalla fine contro il Bayer Leverkusen esordì in Bundesliga, la massima serie tedesca. Il primo italiano, seppur nato in Germania, ad esordire nel campionato tedesco, anticipando di quale mese l’ex Roma e Torino Ruggiero Rizzitelli.
Professione attaccante, nell’anno del suo esordio in Bundesliga nella batteria offensiva del Fortuna faceva reparto con Darko Pancev reduce dalla non felice esperienza italiana con l’Inter. Erano però gli anni d’oro di Bayern Monaco e soprattutto Borussia Dortmund, con i gialloneri che in quegli anni batterono la Juventus in finale di Coppa Dei Campioni. «Annate pazzesche – ha proseguito Raffael – ho avuto la fortuna di confrontarmi con giganti come Sammer, Riedle, Kohler, Reuter, Kahn, Matthaus, Klinsmann e tanti altri».
Dal giorno dell’esordio altre 9 presenze (e 3 gol totali), poi a inizio 1996 il ginocchio fa crack, così come la carriera del giovanissimo Tonello: «Ero riuscito a salire sul treno della mia vita riuscendo ad arrivare fino alla Bundesliga con i tanti sacrifici, avevo tutta una carriera davanti a me ma il destino ha deciso che dovevo scendere in fretta da quel vagone che mi aveva portato in alto». Da lì in avanti, nonostante le consulenze di ortopedici di prima fascia l’attaccante allora ventunenne fu costretto a fine per ben quattro volte sotto i ferri, soprattutto dopo il primo intervento andato male. L’inizio della carriera, spezzata con largo anticipo, salutando per sempre la Bundesliga. Dopo essere tornato in campo nella B tedesca e dopo aver affrontato altre leghe minori, nel 2004 la decisione di chiudere definitivamente con il calcio giocato.

Per oltre dieci anni non ha voluto far più parte del mondo del calcio, in nessuna veste: «L’infortunio mi aveva segnato, le operazioni anche, troppe delusioni ravvicinate mi avevano portato ad allontanarmi da un mondo che sin da piccolo mi aveva sempre accompagnato». Pian piano però ha ripreso a guardare il calcio da un’altra prospettiva diventando “sportfachwirt” (esperto in gestione sportiva) e svolto uno stage all’Eintracht Frankfurt da dove è partita la sua carriera dirigenziale. Ritrovandosi al fianco di Ben Manga, compagni di squadra ai tempi del Fortuna Düsseldorf e insieme in tre esperienze dirigenziali. Da Francoforte uscendo anche dalla Germania per accettare la chiamata del Watford della famiglia Pozzo (proprietari dell’Udinese): «Il calcio inglese viaggia su un altro livello rispetto a tutti gli altri campionati. Noi abbiamo affrontato la stagione in Championship ma abbiamo attinto tantissimo da quell’anno inglese, è stata un’esperienza fondamentale per la mia crescita professionale». Poi il ritorno in Germania con la chiamata dello Schalke 04, sempre in coppia con Manga. Da un anno e mezzo a Gelsenkirchen ricoprendo un ruolo di primo piano come responsabile dell’accademia giovanile e capo scout del settore giovanile: «Una città che vive per il calcio, difficile da paragonare a qualunque piazza italiana, neanche a Napoli. Qui negli anni scorsi si viveva per le miniere e per il calcio, chiuse le miniere è rimasto solo il calcio come fortezza da difendere. Lo Schalke 04 ha raggiunto picchi importanti anche in Europa, negli ultimi anni ha pagato pesantemente, a livello economico, alcune scelte sbagliate ma anche in Zweite Bundesliga Veltins-Arena è sempre esaurito in ogni ordine di posto. Qui è cresciuto Neur, ci ha giocato un gigante come Raul e un altro big come Ozil solo per voler ricordare qualche nome».
Il calcio tedesco ha avuto un periodo di piccola flessione ma ha sempre avuto almeno una squadra ad altissimi livelli, da lontano però, con grande dispiacere, guarda annaspare, in un mare di guai, il calcio italiano: «Stiamo vivendo una fase calante, iniziata nel 2006 e che dura ormai da quasi vent’anni. Ricette magiche non ci sono ma, per lavoro, giro tanti campi italiani, soprattutto nei settori giovanili e posso dire che i giovani calciatori italiani hanno perso la fame. Oltre al discorso che si predilige la troppa tattica un punto dolente, in negativo, è la furbizia che si inculca ai baby calciatori. In partite dove sono iniziate da dieci minuti e già si vedono inutili perdite di tempo, la furbizia italiana toglie l’intensità, le partite in Italia hanno un tempo effettivo bassissimo, e a livello europeo l’intensità è un fattore determinante».

All’Italia però non è legato solo ai luoghi natali dei genitori ma si sente italiano con grande orgoglio: «Proprio nel 2006 ho seguito il Mondiale in Germania con grande enfasi. Io e mio fratello dal vivo, allo stadio, abbiamo sofferto e goduto nelle vittorie contro Germania e Francia, per noi italiani sono momenti che resteranno indelebili. Proprio in quella rosa c’erano giocatori veloci di gamba e testa come Nesta, Cannavaro, Buffon, Zambrotta, Gattuso, Camoranesi, Totti, Del Piero, giocatori incredibili sotto tutti i punti di vista. Vent’anni dopo nel panorama attuale del calcio italiano non vedo profili come i nomi appena fatti anche se ci sono alcuni prospetti interessanti anche se oggi la Serie A è un campionato di transito per volare verso leghe più stimolanti e allettanti. Per ripartire bisogna, ripeto, scrollarci di dosso quella “furbizia all’italiana” che ha tolto troppa intensità ai nostri campionati, dai giovani fino alle prime squadre».
A Gelsenkirchen, sponda Schalke 04, c’è tanto lavoro da fare, dalle tante categorie giovanili alla prima squadra ma, almeno una volta l’anno, l’aria di Vasto è ossigeno puro per ricaricare le energie: «Il mare di Vignola è casa mia, mi legano dei ricordi indimenticabili e così continuerà ad essere per tutta la mia vita, Vasto e l’Italia sono tutti i giorni nel mio cuore». Parola di Raffael Tonello, il primo “vastese” ad aver esordito quasi trent’anni fa in Bundesliga, una storia di calcio vera e incredibile.