Simone Marchesani racconta l’ultima avventura: percorsi a piedi 200 km del “Kungsleden” in Lapponia

Ogni estate un’avventura personale. Un “ritrovarsi” scoprendo luoghi nascosti ai più respirando la vera libertà. Un anno fa avevamo raccontato l’esperienza scozzese di Simone Marchesani capace di percorrere, in bici 1000 km in 10 giorni (leggi). Nell’estate del 2025 ha deciso di guardare altrove, lasciandolo la bici per affrontare un’altra “particolare” settimana a piedi. Come già fatto nel 2022 in Norvegia, tre anni dopo l’amore per i Paesi Scandinavi lo ha portato verso la parte nord svedese della Lapponia. Il nuovo viaggio lo ha visto protagonista nel Kungsleden, il famoso “Sentiero del Re” all’interno del circolo polare artico. Tragitto complessivo lungo 440 km, l’avventuriero di Vasto ha percorso quasi metà tragitto, 200 km spalmati in 8 giorni. «Se avessi avuto più giorni di ferie – le parole di Simone Marchesani – avrei sicuramente percorso tutti gli oltre 400 km ma è stata comunque un’avventura fantastica».

In un viaggio non sono racchiusi solo i tanti km percorsi ma c’è un vasto mondo di dettagli, a partire dalla preparazione dei mesi precedenti. Lo studio del percorso da affrontare attraverso siti, mappe e applicazioni, le scarpe giuste e lo zaino più adeguato per rendere meno faticoso il cammino. Una borsa dal peso di ben 20 km come prima compagna di avventura insieme a reflex, gopro e anche un drone, la vera novità dell’estate 2025. Simone, entusiasta nel raccontare ogni singolo dettaglio della otto giorni svedese, non lascia nulla al caso, partendo proprio da un piccolo racconto storico legato al “Sentiero del Re”: «Ho affrontato i 200 km della parte storica, da Abisco fino a Kvikkiov. Dal 1973 il cammino è stato esteso con altri 240 km». Ha salutato familiari e amici dando appuntamento alla settimana successiva: «In famiglia sapevano qualcosa del mio percorso, ai miei amici non ho spoilerato nulla ma tutti sapevano che sarei andato in una zona dove non c’era segnale telefonico, per tutta la durata del cammino, in due occasioni sono riuscito ad usare il satellitare e avvisare a casa».

Raggiungere il villaggio di Abisco però non è stata una passeggiata, l’aereo da Roma a Stoccolma, poi un treno notturno per un totale di 19 lunghe ore di viaggio. Il primo giorno di “hiking” (differente del “treeking”) percorrendo 35 km e arrivando al primo rifugio. «Dall’Italia – ha continuano Simone – mi sono iscritto a un’associazione che gestisce il sentiero e ho avuto la possibilità di poter sfruttare sconti per pernottare nei rifugi. Lì c’era anche la possibilità di acquistare il cibo che, ogni sera, dovevo cucinarmi». Non solo i pernotti nei rifugi, altri quattro anche in tenda: «Bisognava piazzarla in posti strategici, dietro alberi grandi altrimenti la mattina il calore del sole avrebbe trasformato la tenda in un forno».

Periodo dell’anno in cui, in quella zona della Svezia è sempre giorno, ventiquattro ore su ventiquattro: «Aspetto più che positivo, avendo sempre a disposizione la luce del sole avevo più tempo per poter organizzare il mio percorso. Se sentivo maggiore fatica, in alcuni punti potevo riposare e poi ripartire visto che sapevo di non andare mai incontro al buio». Tempi da rivedere appunto, come nella seconda giornata, altri 30 km, la metà affrontati con la neve a terra dovendo attraversare il passo Tjakta (1150 metri).

A piedi, in barca a remi, attraversando fiumi e laghi con gran parte del cammino degli otto giorni affrontato sullo steccato in legno, messo in piedi nel corso degli anni dall’associazione già citata per rendere meno faticoso il cammino. «A piedi con 20 km di carico in spalla bisogna prestare massima attenzione su ogni singolo passo». Un chilometraggio quotidiano più o meno simile, cambiava il tempo di percorrenza ma con la luce del sole ventiquattro ore su ventiquattro, come già detto, il programma poteva essere rivisto senza grandi complicazioni. Se in Scozia l’avventura dei 1000 km in 10 giorni era stata affrontata in bici, il quarantottenne vastese ci racconta quali sono, secondo le sue esperienze, le differenze tra avventura a piedi o su due ruote: «Sono fatiche e piaceri differenti, in bici i tempi sono sicuramente più stretti, a piedi le ore si allungano ma hai la possibilità di ammirare al meglio tutte le meraviglie della natura che si incontrano durante il tragitto».

Nel “day four” del “Sentiero del Re” ai soliti 25 km a piedi anche 800 metri su una barca a remi: «Altra esperienza favolosa, la fatica viene sempre ripagata dal silenzio che ti rigenera e la natura meravigliosa che ti accompagna». Oltre alle cene serali nei rifugi durante la giornata il quarantasettenne di Vasto portava con sé anche delle barrette energetiche e, naturalmente litri e litri di acqua: «Ho sempre bevuta l’acqua dei fiumi che incontravo nel cammino, pura, fredda e buonissima». Se la temperatura dell’acqua era quasi sempre vicina allo 0 negli otto giorni ha convissuto sia con basse temperature (non oltre i 5°) e il massimo toccato con i 19°.

Con il passare dei giorni si alzavano anche i giri delle emozioni, nella quinta tappa, a Saltoluokta si è trovato un nel bel mezzo di un concerto folk: «Atmosfera incredibile, dai bimbi di 2 anni fino a nonni di 80 anni, è stata anche l’occasione per gustare un piatto tipico della zona, una simil piadina con carne di renna, tutto buonissimo». Negli otto giorni però gran parte del tragitto l’ha affrontato in solitaria: «Ho avuto compagni di viaggio per una trentina di chilometri in totale, oltre 170 li ho percorsi da solo. Ero qui proprio per questo motivo, si scelgono questi tipi di avventure per godere dei panorami e per non disturbare la natura. Il silenzio è compagno dei pensieri, gli spazi aumentano sempre di più e in questa avventura ho potuto godere di un incrocio fortunato con le renne, qualcosa difficile anche da immaginare».

Nella sesta giornata di cammino la decisione di arrivare su una cima di 1200 metri, a picco sulla vallata sottostante e con uno strapiombo di 600 metri: «Lo avevo già studiato prima di partire, avevo visto foto e video ma dal vivo è tutta un’altra storia e in quei posti quando pensi di essere certo di poterteli godere in solitaria ecco la sorpresa. In cima ho condiviso quel momento anche con dei giovani militari svedesi in addestramento». Nei passaggi in barca anche “compagni di viaggio” che hanno allietato il percorso suonando il violino, un racconto quasi fiabesco ma gli inconvenienti, seppur in percentuale minima, ci sono e fanno parte del viaggio: «Ho toccato zone che, oltre non avere segnale telefonico erano completamente sprovviste di rete fognaria. Senza andare troppo nel dettaglio chi legge capirà le difficoltà per i quotidiani bisogni fisiologici. Scordatevi i nostri sanitari, bisognava sedersi su del polistirolo con una sopraelevata accompagnata da un particolare coperchio che nascondeva…beh, mi avete capito». Nelle ultime due tappe, settima e l’ottava finale, percorse il 29 e 30 giugno gli ultimi 50 km per toccare i 200 km totali e raggiungere Kvikkiok: «Mi sono goduto uno spettacolo di colori inspiegabile, con vasti campi fioriti e continue viste mozzafiato. Quando la fine del tragitto si avvicina sei felice di avvicinarti alla meta ma non dimenticherai mai i km percorsi e quello che hai incontrato».

200 km in 8 giorni, a piedi, all’interno del Circolo Polare Artico, un’esperienza che parte da lontano ma le motivazioni sono chiare: «Viviamo in un mondo che ci spinge ad essere connessi sui social, ho scelto questo sentiero lungo otto giorni perché volevo “asocializzarmi” per tornare sociale e ritrovare la vera pace interiore ed esteriore».

Il “Kungsleden” è un’esperienza che lascia il segno, un timbro che va oltre la fatica fisica: «Otto giorni che possono rappresentare il riassunto della vita finora vissuta che ora comprendo ancora di più. Il cammino quotidiano, le persone che incontri rappresentano il tuo passato nel bene e nel male e lo zaino pesante è quel fardello di avvenimenti ed emozioni che ci portiamo dietro». E a chi è arrivato a leggere le ultime righe del lungo racconto l’avventuriero di Vasto, Simone Marchesani, lascia un messaggio: «Il mio è un invito all’avventura, scegliete qualsiasi cammino, scegliete qualsiasi distanza ma fatelo! Che i vostri progetti non restino nei cassetti, partite e godetevi esperienze come le mie. Ne varrà davvero la pena, saranno giorni ricchi di emozioni, di condivisioni, di conoscenze e tanto altro potendo godere di panorami fantastici. Vivrete momenti di riflessione personale, per lunghi tratti in silenzio, saranno momenti che non torneranno ma vi ricaricheranno per godervi appieno la vostra vita».

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