Giulio Napolitano al Vasto d’autore Festival: «La vita col mio papà, presidente della Repubblica»

Il titolo è una frase di una lettera scritta al figlio. Il mondo sulle spalle. Giulio Napolitano racconta papà Giorgio, presidente della Repubblica dal 2006 al 2015. Vita familiare che si intreccia con mezzo secolo di vita del Paese. Ora, a due anni dalla scomparsa, a 98 anni, dell’undicesimo capo dello Stato, il racconto del suo lato umano e familiare: un libro che va oltre l’uomo di partito e delle istituzioni dalla carriera lunga e gratificante: dirigente del Pci, capo della corrente dei miglioristi insieme a Emanuele Macaluso, poi del Pds, senatore, presidente della Camera, senatore a vita.

Giulio Napolitano (foto di Costanzo D’Angelo)

Il figlio Giulio è il primo ospite della quarta edizione del Vasto d’autore Festival, l’evento dedicato ai libri e organizzato da Angelozzi comunicazione in collaborazione col Comune di Vasto. Ieri sono cominciate le anteprime. Il mondo sulle spalle. Una storia familiare e politica, edito da Mondadori, racconta Giorgio Napolitano con gli occhi del figlio, che ha vissuto l’esistenza privata e anche quella pubblica del padre.

Una famiglia che nasce dall’incontro con Clio, la donna con cui Giorgio Napolitano ha condiviso sessant’anni di vita, «due caratteri diversi» e nove anni di differenza, «papà aveva 34 anni e mamma 25 quando si sono conosciuti. All’epoca non era usuale che un uomo si sposasse a 35 anni, oggi invece coloro che si sposano a 35 anni sono quasi precoci rispetto alla media attuale. Io sono nato quando papà aveva 44 anni. Lui napoletano, mamma di Chiaravalle, vicino Jesi, in provincia di Ancona. All’inizio i miei nonni materni erano diffidenti verso quest’uomo che a 34 anni non si era ancora sposato». E invece nacque una storia d’amore durata tutta la vita.

Un clima familiare vissuto da Giulio mostrando interesse, fin da bambino, per l’attività politica del padre. Tanti gli aneddoti che emergono dal dialogo col giornalista Rai Antimo Amore sul palco dei Giardini di Palazzo d’Avalos: dal disegno intitolato Il mio papà fa il deputato al Parlamento alle lettere che il futuro presidente amava scrivere anche ai familiari, la forchetta appuntata sul dorso della mano del padre perché quella volta, a Mosca, a tavola non gli dava l’attenzione che voleva, «dovette farsi medicare al Pronto soccorso». E il senso del dovere di Giorgio Napolitano, come quando, al congresso del Partito comunista, «dopo Longo, in lizza per la segreteria c’erano lui e Berlinguer. Quando capì che il partito aveva scelto Berlinguer, si tirò indietro». I ricordi di scuola, «quando impugnavo la penna in modo tale da non consentire agli altri di copiare il compito in classe», perciò «ero antipatico ai compagni di classe».

Giorgio e Clio non vollero abbandonare le abitudini familiari neanche al Quirinale. Infatti, durante il settennato, decisero di lasciare l’appartamento presidenziale e di trasferirsi in quello in cui aveva abitato un funzionario appena andato in pensione «perché mamma voleva cucinare e lì c’era la cucina».

Tra i mille impegni istituzionali e politici della sua carriera, Napolitano trovava anche il tempo per accompagnare il figlio alla partita della Lazio, «lui che non aveva mai avuto interesse per il calcio. Mi portò anche a trovare in ospedale un campione laziale, Bruno Giordano, che era infortunato. Chissà cosa avrà pensato Giordano». E alla Lazio è legato l’ultimo aneddoto: il gol segnato al 95′ allo stadio Olimpico dal portiere Provedel, che ha regalato l’1-1 in Champions League con l’Atletico Madrid. Era il 20 settembre 2023. Due giorni dopo Giorgio Napolitano ci avrebbe lasciato.

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