Controreplica di Esposito alla Pro Vasto: «Chi comanda ora esca allo scoperto, la verità non si inventa»

La risposta della Pro Vasto a Raffaele Esposito era arrivata il 14 maggio, tre settimane dopo l’ex patron biancorosso è tornato nuovamente a farsi sentire con un controcomunicato, lunghissimo, diviso in più argomenti.

«La verità non si inventa, si dimostra – inizia così il comunicato – Dopo aver letto con attenzione il comunicato trionfale diffuso dalla Pro Vasto, sentiamo il dovere di offrire alcune precisazioni. Non per alimentare polemiche sterili, ma per rispetto della verità. Una verità che non si inventa: si dimostra. Per mesi abbiamo scelto il silenzio, lavorando nell’ombra con dignità e senza proclami. Oggi, però, è giusto rispondere con chiarezza.

  1. 1) “Siete andati via, e ora tutto funziona”: Chi scrive una frase del genere ignora – o finge di ignorare – in quali condizioni siamo arrivati: senza campo, con una squadra allo sbando, con 80.000 euro di vertenze da saldare e l’urgenza di salvare una categoria in appena quattro mesi. Ci siamo riusciti. Senza chiedere un euro alla città, senza sbandierare nulla. Senza play-out. Senza aiuti. Senza scuse.

  • 2) “La questione del B&B”: Si è detto che “altri hanno saldato le mensilità” del B&B. È falso. Fino alla fine di ottobre, tutte le mensilità sono state regolarmente coperte da noi. In seguito, la proprietà ha segnalato danni causati da alcuni tesserati, non affitti arretrati. Avevamo chiesto alla nuova gestione di farsi carico della chiusura del rapporto, per continuità e senso di responsabilità. Una richiesta mai raccolta, lasciandoci esposti. Quanto all’uso della struttura: non abbiamo mai parlato di esclusività. Ma oltre 20 calciatori della rosa vivevano stabilmente lì, con costi e gestione interamente a nostro carico. Sminuire questo sforzo è scorretto e profondamente ingeneroso.
  • 3) “Il progetto non stava in piedi”: Siamo subentrati in una situazione già al limite. Abbiamo cercato di costruire ponti, non castelli in aria: tra società, amministrazione, imprenditori locali. Abbiamo commesso errori, certo. Ma almeno abbiamo avuto il coraggio di provarci. Senza il nostro ingresso, il titolo sportivo non avrebbe neppure raggiunto la fine della scorsa stagione. Questa è una verità scomoda, ma documentata.

  • 4) “L’Assessore e l’Amministrazione”: Ci viene detto che “nessuno si fidava di noi”. Eppure nei primi mesi c’erano incontri, dialoghi, promesse. Lo stesso assessore, oggi celebrato, definiva il titolo una “fetecchia”, e ci esortava a gestirlo escludendo determinate figure, pur di facilitare un avvicinamento. Oggi si auto-incensa. Ma è facile, a giochi fatti, riscrivere i ruoli e scordarsi delle dichiarazioni passate.

 5) “La Pro Vasto è dei vastesi”: Verissimo. Ma essere vastese non è solo una questione di residenza: è una questione di responsabilità, di presenza nei momenti bui. Noi non ci siamo mai appropriati della squadra. L’abbiamo raccolta quando nessuno c’era, e abbiamo dato tutto: tempo, energie, denaro. Chi oggi riscrive la storia, si dimentica che ogni successo si costruisce anche sul lavoro silenzioso e faticoso di chi è venuto prima.

6)  “Il trionfalismo post play-out”: Si festeggia una salvezza ottenuta ai play-out come fosse un’impresa leggendaria. Bene così: lo sport è passione. Ma quando, l’anno scorso, salvammo la categoria senza spareggi e senza strutture, nessuno si congratulò. Nessuna celebrazione. Nessun ringraziamento. Solo silenzio. Questa memoria selettiva conferma che spesso si giudica in base alla convenienza, non ai risultati.

Una verità in più, che va detta. Chi oggi si presenta come il salvatore della patria, ha rilevato il titolo con la promessa di rimborsare ai vecchi soci le spese sostenute. Promessa mai mantenuta. Il titolo sportivo era stato riconsegnato pulito, senza pendenze occulte, se non quelle già note e affrontate: una parte della vertenza FIFA (di cui abbiamo pagato personalmente la prima rata da 3.232 euro) e i rimborsi dei calciatori per i primi due mesi. Tutto dichiarato, tutto gestito con trasparenza. Inoltre, il Comune aveva annunciato un contributo per il rifacimento del manto erboso del campo sportivo, proprio per aiutare la nuova gestione ad affrontare una spesa importante. Contributo che risulta erogato. Ma a quanto ci consta, il lavoro alla ditta non è stato pagato. Probabilmente con quei fondi è stato saldato qualche calciatore. Eppure né l’allenatore né gran parte dei giocatori risultano ad oggi pagati. Noi, lo scorso anno, abbiamo spiegato – anche pubblicamente – le difficoltà affrontate: vertenze, pendenze pregresse, gestione logistica. A questi nuovi “gestori”, invece, quali difficoltà sono toccate, se non sono riusciti a onorare nemmeno gli impegni minimi? Fino ad oggi abbiamo scelto discrezione e stile. Anche quando avremmo potuto – forse dovuto – alzare la voce. Non è nella nostra natura urlare, offendere o denigrare. E non lo faremo neppure ora. Non per paura. Per dignità. Perché chi ha vissuto davvero certe situazioni sa bene che il silenzio, a volte, pesa più di mille parole. Il campo ha parlato. Ora è tempo che lo faccia anche la coscienza. E, aggiungiamo, sarebbe auspicabile che chi oggi guida realmente la società uscisse finalmente dall’ombra e ci mettesse la faccia. Firmandosi con nome e cognome, non continuando a manovrare da dietro le quinte, lasciando parlare burattini al proprio posto. Perché la responsabilità – come la verità – non si delega. Si assume».

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