Rinnovabili, 210 sindaci: «Ripensare le leggi, incentivi agli impianti su tetti e aree dismesse»

Duecentodieci sindaci di tutta Italia firmano l’appello per una transizione energetica rispettosa dei territori e, il 16 aprile, in Senato, illustreranno le proposte ai parlamentari di maggioranza e minoranza. Parliamo della grande mole di progetti eolici e fotovoltaici in fase di valutazione che dovranno contribuire al raggiungimento degli obiettivi fissati quasi un anno fa. L’Abruzzo, ad esempio, deve installare ulteriori 2 GW di impianti entro il 2030.

Fotovoltaico a Cupello

Gli oltre duecento sindaci hanno reso noto un manifesto e una serie di proposte di interventi legislativi che «da un lato restituiscono alle istituzioni locali potere di programmazione e pianificazione in materia di installazione di eolico e fotovoltaico, e dall’altro promuovono la strada delle premialità e degli incentivi agli impianti meno impattanti dal punto di vista paesaggistico».

Un impianto eolico a Castiglione Messer Marino

«Le temute scadenze al 2030 imposte dalla Ue per aggiungere almeno altri 80 GW di rinnovabili (e fino ad oggi alibi per ‘inevitabili’ scempi) si possono ancora rispettare con una coraggiosa politica che privilegi con incentivi mirati il fotovoltaico virtuoso: afferma e certifica l’Ispra che la superficie potenzialmente disponibile per installare impianti fotovoltaici sui tetti può arrivare a produrre sui soli fabbricati esistenti una potenza dai 70 ai 92 GW – scrivono i sindaci – Se si considera che a fine 2024 l’incremento di rinnovabili ha già raggiunto ulteriori 19 GW senza ritardi sul cronoprogramma, ne resterebbero altri 61 GW, appunto facilmente realizzabili con installazioni sui soli tetti senza scempi ambientali, conflitti sociali e dispendio di risorse pubbliche. A questa potenza ottenibile con i soli tetti, evidenziano ancora i ricercatori dell’Ispra, si potrebbe inoltre aggiungere una parte di aree di parcheggio, infrastrutture, siti contaminati, aree dismesse».

Una centrale fotovoltaica dismessa

Gli amministratori si dicono «consapevoli delle necessità e degli imperativi della transizione energetica», ma chiedono di ripensare le leggi in materia perché «stanno favorendo un settore economico privato in grandissimo fermento per i grandi guadagni realizzabili con bassi rischi d’impresa vista la notevole mole di incentivi pubblici ricadenti sulle bollette elettriche dei cittadini e sulla fiscalità generale. In un Far West senza programmazione pubblica sono stati presentati 6.000 (seimila!) progetti per grandi e impattanti impianti industriali di produzione di energia rinnovabile, per una capacità elettrica di oltre 5 volte i già ambiziosi traguardi del green deal, spesso senza nessun riguardo per gli aspetti ambientali tutelati, in contrasto se non in antitesi con la vocazionalità dei territori interessati».

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