Tufillo, la tradizione che unisce generazioni di Iacovitti: le “panettelle di San Giuseppe”

È una tradizione che si perde nel tempo, tramandata di generazione in generazione, e alle cui precise origini è difficile, se non impossibile, risalire. Parliamo delle panettelle di San Giuseppe, legate al 19 marzo, presenti in alcuni centri della valle del Trigno, tra i quali Tufillo, dove il rito è ancora particolarmente sentito e vivo.

Il culto di San Giuseppe anticipa di solo qualche giorno l’arrivo della primavera, stagione del risveglio della vegetazione e in alcune località richiama gli usi arcaici legati alla fertilità per ottenere la protezione sui raccolti. In Sicilia, ad esempio, si ornano gli altari con i germogli di grano, anche a Tufillo si usava metterli vicino alla statua del Cristo morto durante i tre giorni della passione pasquale. Per i cristiani – soprattutto in passato – la festività di San Giuseppe, inoltre, è un’occasione per esprimere un voto legato ad atti di beneficenza verso gli altri.

I taralli

A Tufillo a rinnovare la promessa fatta tantissimi anni fa è la famiglia Iacovitti. Nel fine settimana successivo al 19 marzo, gli appartenenti a questa famiglia distribuiscono le panettelle a tutto il paese. Si tratta di pagnottelle che, anticamente, venivano preparate con il grano raccolto nei campi di proprietà e macinato nei mulini della zona. Oggi, il pane viene commissionato a un forno della vicina Montemitro e le spese sono a carico delle tre famiglie dei discendenti del primo Iacovitti che strinse il voto. In passato, la produzione delle panettelle era compito esclusivo degli uomini della famiglia.

Questa antichissima tradizione è regolata da norme ben precise che sono state tramandate nel tempo. Particolarmente importante è quella delle quote di pane a carico dei tre principali nuclei Iacovitti: oggi, ogni famiglia contribuisce con una quota di 140 pagnottelle (a sua volta divisa tra i vari appartenenti). Tali quote vengono ereditate e se qualcuno degli appartenenti alle famiglie dovesse rinunciarvi, tornano al capostipite più prossimo per una redistribuzione. In passato, la quota per i principali tre rami della famiglia era di 150, cifra poi scesa a 140 con la diminuzione della popolazione.

La mattina della domenica successiva al 19, quindi, le pagnottelle vengono tutte raccolte in una delle abitazioni della famiglia (a rotazione di anno in anno) e benedette dal parroco per poi essere distribuite porta a porta dagli stessi Iacovitti (e discendenti). Alle panettelle si affiancano i taralli di San Giuseppe che vengono donati ai membri e amici della famiglia (nelle foto in basso alcune fasi della preparazione a casa di Antonietta Barisano, vedova di Guido Iacovitti, insieme ai figli Antonella e Sandro, ndr).

La preparazione dei taralli a casa di Antonietta Barisano

Con lo stesso pane, inoltre, si formano i due bastoni di San Giuseppe, portati poi in chiesa in occasione della messa.
Secondo i dettami della tradizione, le panettelle vanno consumate nei momenti di riunione della famiglia (a pranzo o cena), non devono essere tagliate col coltello ma spezzate con le mani e mangiate senza companatico. Infine, non devono essere buttate. Tra i devoti c’è anche chi ne conserva un pezzo.
Secondo i racconti, soprattutto in passato, l’interruzione del voto, si pensava, comportasse la “ritorsione” da parte del Santo con eventi drammatici: credenza alimentata dalla coincidenza di alcuni fatti luttuosi con il mancato rinnovo dell’impegno preso.

Domenica scorsa, 23 marzo, la benedizione è avvenuta a casa di Vincenzo Iacovitti, capostipite attuale della famiglia (e fratello del citato Guido). Don Rino Ronzitti, per l’occasione ha rivolto un pensiero ad Alberto Capitanio – 62enne scomparso improvvisamente venerdì scorso a causa di un malore – che, come nelle parole del parroco, «non si è mai rifiutato di dare una mano nel lavoro nei campi di tutti i tufillesi».

Come in una catena di montaggio, dopo la benedizione, segue l’imbustamento delle forme di pane e la preparazione per la distribuzione. A richiamare il passato ci sono anche due bisacce portate da alcuni giovani della famiglia e, una volta, caricate sul dorso dagli animali. Oggi, in questa fase partecipano anche i bambini, entusiasti del compito assegnato e già pronti a contribuire a lungo alla sopravvivenza di questa antichissima tradizione e al rinnovo del voto originario.

La preparazione dei taralli

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