L’estorsione come “servizio” di recupero crediti. È quanto emerge dalle carte dell’inchiesta della Direzione Distrettuale Antimafia di Campobasso che ha scoperchiato un sistema di gestione illecita di rifiuti, estorsioni e prestiti usurai con 47 persone indagate per fatti commessi dal 2018 al 2023.
Le indagini hanno riguardato soprattutto il Molise (con il coinvolgimento di elementi di spicco della cosiddetta “Società foggiana”) dove sono numerosi gli episodi inquietanti di estorsione, minacce e intimidazioni. Altri simili – come già emerso negli articoli della testata Primo Numero – riguardano anche il Vastese e non solo per il traffico dei rifiuti.
A spiccare negli atti sono soprattutto due episodi di estorsione nei confronti dei titolari di altrettante aziende di San Salvo, più precisamente una ditta di trasporti e un bar.
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«Ti faccio tritare le ossa»
Il primo degli episodi riguarda l’estorsione ai danni del titolare di una ditta molisana di trasporti (poi, fallita nel 2021) che aveva contratto un debito di 70mila euro con una società analoga; quest’ultima ha affidato il “recupero del credito” – non risultante nelle scritture contabili, quindi ritenuto illecito – a esponenti della “Società foggiana”. Segue, quindi, una lunga serie di minacce e inviti a restituire la somma (in mezzo c’è anche l’accordo tra intermediari ed esecutori di riscuotere i soldi senza dare nulla ai mandanti). In uno di questi incontri, avvenuto in un caffè di Termoli, l’imprenditore vessato dice di aspettare qualcuno che lo uccidesse; gli aguzzini gli rispondono «Ma che vuoi morire? Se ti muori, non ci facciamo niente con te. Tu ci servi vivo, non morto!».
In un altro appuntamento, gli incaricati di recuperare i soldi, fanno vedere all’uomo, sullo smartphone, un servizio del Tgr Molise sull’operazione Isola felice che nel 2016 accese i riflettori sulla presenza di esponenti della ’ndrangheta tra Termoli e San Salvo aggiungendo «Guarda quante armi tenevano», come ulteriore monito minatorio.
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In diverse occasioni gli “addetti” al recupero del credito si recano in una terza azienda. È di proprietà della ex compagna del “debitore” e si trova in contrada Piane Sant’Angelo a San Salvo (con sede legale in un piccolo paese del Molise). È qui, quindi, che emerge anche il “trasferimento” del debito. La vittima della prima estorsione (che nel frattempo ha consegnato 20mila euro) diventa a sua volta carnefice e inizia a chiedere con insistenza, e non senza minacce, all’ex moglie (rappresentante legale e detentrice del 90% delle quote della società con sede operativa nella zona industriale sansalvese) di «ridargli l’azienda», «altrimenti ti faccio tritare le ossa» o «la faccio distruggere».
L’obiettivo è la cessione delle quote societarie, ma siccome dall’altra parte c’è una certa resistenza, si passa agli avvertimenti espliciti. Nell’agosto del 2020 viene rubata l’auto della donna. Qualche mese dopo, gli stessi aguzzini avvicinano il suo nuovo compagno avvisandolo che se non avesse ceduto le quote societarie, la donna avrebbe fatto «una brutta fine». Per avvalorare le minacce si cita anche il coinvolgimento di «persone di Napoli».
A fine dicembre dello stesso anno, la donna viene bloccata nel paese molisano e immobilizzata, con un gomito sul torace, sul sedile dell’auto da uno dei “riscossori” che le dice «questo è l’ultimo avvertimento, poi ti ammazziamo» per poi romperle lo smartphone a terra.
Tale avvertimento si rivela davvero l’ultimo perché, il giorno dopo, la donna va a denunciare il fatto ai carabinieri e l’estorsione non viene portata a termine.
Per questo duplice episodio – il primo nei confronti dell’uomo e quella successiva nei confronti della sua ex moglie – sono indagate undici persone, tra le quali la vittima della prima estorsione e due esponenti della “Società foggiana”, a vario titolo per vari capi d’accusa tra cui estorsione, tentata estorsione e associazione di tipo mafioso (416 bis).
«Questi non sparano per metterti paura, ma per ammazzarti»
Le modalità sono molto simili a quelle di un altro episodio avvenuto nel 2019 riguardante il titolare di un bar di San Salvo indebitatosi per 227mila euro: una somma, emerge dall’indagine, chiesta a una donna del posto per l’avvio dell’attività e per motivi personali. La creditrice invece di rivolgersi agli organi preposti o a un giudice civile, si affida a esponenti della malavita per riavere la somma promettendo loro il 35%.
Gli “esattori”, quindi, incontrano il titolare del bar che spiega loro l’impossibilità di pagare a causa di altri debiti. A tale affermazione, quindi, replicano intimandogli di cedere il bar a metà del valore e minacciandolo di morte in caso di inadempimento. Quando l’imprenditore avanza le proprie rimostranze alla donna, lei replica di aver ormai «ceduto il credito a terzi» invitandolo «a vedersela con loro».
Il barista quindi, come emerso dalla ricostruzione della Dda di Campobasso, si rivolge ad alcuni suoi conoscenti chiedendo la loro protezione. Questi ultimi vengono avvisati dai “riscossori” del pericolo che stanno correndo perché nel “recupero crediti” sono coinvolti esponenti di spicco della mafia foggiana e del Napoletano che «ti sparano per un niente, non per metterti paura, ma per ammazzarti». La vicenda si conclude, quindi, con l’“accordo transattivo” raggiunto tra “esattori” e “protettori” per la cessione di una partita di droga in cambio della fine delle minacce.
Per questi fatti sono indagate sette persone (a quasi tutte si contestano anche i fatti dell’episodio su citato); tra le ipotesi di reato anche in questo caso il 416 bis.
Le pistole e il credito del meccanico
Tra i 47 indagati, infine, c’è anche un sansalvese a cui si contestano due episodi, entrambi risalenti al 2019. In uno è accusato di aver nascosto nella propria auto due pistole portate a San Salvo da alcuni dei soggetti noti per gli altri fatti, da Campomarino perché «ben voluto dalle forze dell’ordine» (una supposizione per eludere i controlli). Lo scambio è avvenuto nel parcheggio di uno dei supermercati della città.
Nel secondo, lo stesso soggetto, sarebbe stato incaricato da un meccanico molisano di recuperare un credito di 650 euro vantato nei confronti di un cliente dell’officina; per tale incarico il compenso promesso ammontava a 200 euro. Nelle telefonate si invitava il cliente a saldare il debito, altrimenti sarebbero venuto a cercarlo «persone di San Severo». La somma, o almeno una sua parte, sarebbe poi stata recuperata.
Oltre al sansalvese, sono indagate per questo episodio altre due persone, tra le quali il meccanico.