La “stella” bianconera Tacconi a Vasto: «Da invincibile sono caduto e rinato. Gioco il secondo tempo»

Una testimonianza forte, tangibile e con contorni commoventi. Chi se lo ricorda tra i pali della Juventus e della Nazionale Italiana ha ben impresso il carattere di Stefano Tacconi, un portiere statuario e con infinita personalità. Una carriera brillante con i bianconeri vincendo, tra il 1983 e il 1990, tutto quello che c’era da vincere in Italia, in Europa e nel Mondo entrando a fare parte delle “stelle” presenti, a tutt’oggi, allo Juventus Stadium.

Una vita sempre vissuta in prima linea con grande brillantezza, dentro e fuori il rettangolo verde ma per sua ammissione quella oggi viene raccontata come «prima vita». Quella degli ultimi tre anni, la «seconda vita» iniziata in quel maledetto 22 aprile del 2022 quando Tacconi è stato colpito da un aneurisma. Quindici giorni di coma, la paura di non farcela, la lenta ripartenza con due operazioni e oltre un anno di riabilitazione ritrovando pian piano la forza per ripartire davvero potendo contare sul prezioso aiuto della moglie Laura e il figlio Andrea, con lui anche oggi a Vasto. Insieme all’avvocato Giacomo Cerullo, segretario generale della Fondazione Padre Alberto Mileno ETS, il benvenuto in città gli è stato dato anche dal sindaco Francesco Menna.

Il sessantasettenne perugino ha raccontato la sua esperienza in un libro autobiografico, “L’arte di parare – Trovare il coraggio per fronteggiare i tiri della vita”. Il prima e dopo la malattia, il campione bianconero ha parlato della sua esperienza questa mattina, a Vasto, ospite della Fondazione Alberto Mileno ETS. Nella “Sala degli Aranci” della Fondazione tanti hanno voluto ascoltare da vicino la testimonianza di Tacconi che ha raccolto con grande entusiasmo l’invito dell’avvocato Giacomo Cerullo, segretario generale della Fondazione Padre Alberto Mileno ETS: «Apriamo questo salotto della fondazione con il primo dei tanti appuntamenti che abbiamo in programma. Oggi raccontiamo la storia di Stefano, il racconto di un uomo, di un grande campione che ce l’ha fatta. Una storia di grande resilienza, parola negli ultimi anni spesso abusata ma che calza a pennello sulla sua esperienza. Siamo qui oggi nella nostra Fondazione, un centro di primissima fascia, stiamo risistemando tutti i reparti, puntiamo ad azzerare anche il minimo problema grazie a operatori qualificati e grandi tecnologie. Prima di lasciare spazio alle parole di Stefano colgo l’occasione per ringraziare Padre Luigi oggi presente con noi e che ci ospita».

L’ex portiere bianconero ha dialogato per oltre un’ora con la moderatrice Marina Toscani, al loro fianco anche il dottor Levino Del Monaco. Prima di iniziare la chiacchierata è stato mostrato un video in cui si racconta la vita del portiere e quella successiva del malato e della sua ripartenza. «Lo racconto nel mio libro che oggi presento – le parole di Tacconi – non sono stato un buon paziente, dopo il mio risveglio maltrattavo tutti, scappavo fino al quarto piano ed erano costretti a legarmi al letto. Non sono stato esempio positivo in quelle settimane per mia moglie, mio figlio e tutti quelli che mi sono stati vicino. Fuori dal coma ho iniziato a vedere dei brutti animali, dopo il primo tempo da campione e invincibile è iniziato il secondo tempo, quello della nuova rinascita».

Ripercorre tutta la malattia dal primo sintomo: «Ho trascorso una giornata con un fortissimo mal di testa, ho avuto la fortuna di avere al mio fianco Andrea, mio figlio, inizialmente angelo custode e ora come dico scherzosamente prezioso badante. Mi sono accasciato a terra, sono andato immediatamente in coma, mi hanno spostato tra due ospedali, ho subito due operazioni e poi è stata decisiva la riabilitazione nel centro dei frati di San Giovanni Rotondo. Devo tanto a padre Carlo e tutti i frati cappuccini che ho conosciuto nel centro pugliese, dall’essere invincibile mi sono ritrovato ad essere un bimbo di sei mesi che non riusciva a parlare e camminare. Da San Giovanni Rotondo sono uscito più forte, anche grazie all’aiuto degli altri pazienti, in stanza ho respirato una splendida atmosfera». Tacconi in campo era esuberante, spesso andava fuori dalle righe, tra gli juventini è stato uno ad avere più multe dalla società: «il presidente Boniperti mi diceva sempre di contare fino a dieci, io non riuscivo ad andare oltre due, mi partiva la brocca. Oggi conto anche fino a oltre venti, la malattia mi ha aiutato».

Da un grande juventino come Boniperti a un altro, l’avvocato Agnelli: «Non mi vedeva mai piangere, una volta mi disse che un uomo che non piange non potrà mai essere un grande uomo». Ora si commuove spesso e volentieri, lo confermano anche moglie e figlio con cui ha interagito spesso nel corso della chiacchierata. Non è mancato l’intervento del dottor Del Monaco, fisiatra della Fondazione Mileno: «Quella che ha colpito Stefano è una malattia importante, emorragie celebrali, ictus e ischemie colpiscono migliaia e migliaia di persone. Una malattia devastante che ti cambia la vita, a lui l’ha colpito in forma molto grave. Un recupero lungo e faticoso, in una fase dove è fondamentale la presenza di familiari e gli operatori, tra fisiatri e fisioterapisti, devono avere qualcosa in più, essere empatici. La depressione in quei momenti arriva, non c’è voglia di fare, si presentano comportamenti anomali ma dal riapprendere le prime funzioni c’è la nuova e vera rinascita».

Appunto, la storia di rinascita che Tacconti ha raccontato agli oltre centro presenti, ci sono stati un paio di interventi dal pubblico, un ex giornalista, oggi in cura proprio nelle stanze della Fondazione non ha nascosto con tanta commozione le gesta dello Stefano portiere decisivo nelle vittorie europee juventine a suon di parate. «Da quando è andato via Marotta – ha proseguito Tacconi – la Juventus non sembra una squadra ma una mandria di pecore senza pastore, i pessimi risultati ne sono la conseguenza. No, per la Juve non piango, non riesco più neanche ad arrabbiarmi per quello che vedo tra stadio e tv». Tornando agli aneddoti con l’avvocato Agnelli: «Anche a me, visto che ero diventato capitano chiamava alle quattro e trenta di notte, inizialmente riattaccavo perché pensavo fosse uno scherzo, poi capii che era davvero lui. Da uomo spogliatoio non potevo raccontarli tutto ma tanto lo sapeva già cosa succedeva. Mi pagò anche mezza multa, cinque milioni per una dichiarazione che feci quando Berlusconi comprò il Milan, era d’accordo con le mie parole».

Infine uno sguardo rivolto al futuro: «La paura di una ricaduta c’è sempre, ora so di non essere più invincibile, ci sono altri esempi di personaggi famosi che poi non ce l’hanno fatta ma voglio continuare a pensare positivo. Con mio figlio ho una cantina di vini, la Junic, voglio affiancargli un ristorante visto che mi diletto come cuoco. La mia famiglia sta tergiversando ma andrò dritto per la mia strada e lo aprirò». I messaggi di speranza di Stefano Tacconi hanno lasciato il segno nei cuori e pensieri dei tanti presenti, non esistono gli invincibili, c’è una data zero per tutti ma ricominciare da capo si può.

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