«Il presepe di Punta Penna oltre le apparenze», il significato dei Re Magi è nei particolari

Il presepe di Punta Penna oltre le apparenze: si intitola così il testo, inviato a Chiaro Quotidiano, in cui Giovanna Colantonio raccoglie le indicazioni dell’autore, Alessandro Iannetti, sul significato di personaggi ed elementi dell’originale Natività installata sotto una vecchia pensilina.

Le cose belle accadono dove meno te lo aspetti. Punta Penna chiude il 2024 e saluta il nuovo anno con un’opera simbolo della riqualificazione, che incarna perfettamente lo spirito del quartiere: RigerèNATO. Interamente costruito con materiali di scarto lavorati a mano, il presepe è solo il primo episodio di una volontà di rigenerazione urbana che passa attraverso l’arte. Ma se “Tutto ciò che è visibile nasconde qualcosa di invisibile”, come diceva Renee Magritte, cosa si cela dietro l’installazione, di primo acchito semplice, posta al riparo sotto una capanna moderna come la pensilina degli autobus?

L’artista, per tanti anonimo, ha deciso di svelare tutti i segreti della sua personalissima interpretazione di un momento storico così potente e immoto, calato nel presente. Il bue e l’asinello, incarnati dalle due panchine con lo scopo di lasciarle fruibili, sono solo l’aspetto più evidente di un gioco di forme e segni che va ben oltre le apparenze. Quanti hanno notato che l’immancabile Umarèll, che osserva la scena sostituendo il classico pastore, stringe tra le mani, dietro la schiena, la bandiera dell’Europa? Una bandiera stropicciata di un’Europa che resta ferma, immobile. A guardare. E i Re Magi? Portano i doni, e tutti si sono accorti che la Birra sostituisce la Mirra, l’Oro è rappresentato dalle catarrette, l’incenso dagli arrosticini. “Timeo danaos et dona ferentes”, diceva Virgilio nell’Eneide. Temo i Greci anche quando recano doni. Le sagome dei tre Re di provenienza orientale portano con sé non solo regali, ma anche simboli e colori di un mondo in guerra. Lo Zar Russo, riconoscibile da fattezze e stemma appeso al collo, il Sacerdote verde, bianco e nero, a richiamare i colori emblema di Gaza, le stelle americane del mantello di Baldassarre. E Gesù Bambino? La creatura è in fasce rosa e ha la pelle scura perché quello che conta è il simbolo della ri-nascita, non il sesso, non il colore di pelle. Gesù è tutti i bambini e le bambine che nascono in ogni angolo di mondo e meritano di vivere.

Nessuna critica. Nessun giudizio. Solo presenze. Spunti di riflessione e domande che restano sospese a mezz’aria e si avvoltolano nell’ombra del secondo faro più alto d’Italia. Per chiunque volesse partecipare, per l’anno prossimo il presepe ambisce a diventare un’installazione collettiva aperta a nuove idee e contributi artistici.

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