Di cosa parliamo – Nel 2027 nascerà la Nuova Pescara. Sarà il prodotto della fusione tra Pescara, Montesilvano e Spoltore. Anche nel Vastese riemerge una proposta analoga: istituire la Grande Vasto unendo Vasto, San Salvo e i comuni vicini. La rilancia Carla Zinni (FdI), assessora comunale a Casalbordino.
Carla Zinni, cos’è la Grande Vasto?
«È innanzitutto un tema di riflessione per la politica e per i rappresentanti istituzionali del territorio. Già nel 2013 il Senatore Etel Sigismondi, all’epoca consigliere comunale di Vasto, sollecitò per primo il dibattito su questo argomento. Oggi, forse, i tempi sono più maturi, considerando l’approssimarsi della “Nuova Pescara”. La costituzione di questa nuova realtà, non può lasciarci indifferenti, perché fatalmente. Non sfugge come dalla fusione di questi comuni potrebbero nascere effetti polarizzanti, anche di servizi, a discapito di altri territori, come il nostro. Ebbene, la Grande Vasto potrebbe rappresentare una ipotesi di riequilibrio territoriale che più tardi si realizza, prima questo territorio rischia di essere la periferia dell’Abruzzo, a vantaggio di altre realtà come, appunto, Pescara. Viviamo nell’epoca dei numeri, nella quale conta la grandezza delle città, rispetto alla posizione ed alle sue peculiarità. E chi pensa di conservare, per campanilismo, lo stato delle cose, non si rende conto che fa male proprio al territorio, che viene emarginato dalle scelte dei governi. Con la creazione della Grande Vasto, di cui farebbero parte comuni che in fondo urbanisticamente e dunque territorialmente già sono legati tra loro, questo territorio potrà dire la propria con maggiore forza, per ottenere fondi, servizi sanitari di qualità, per fare turismo, promozione, per migliorare i collegamenti. Oggi Vasto è costretta a difendere il tribunale, l’ospedale, così come i fondi per la sicurezza, da sola, potendo contare solo sui numeri dei propri abitanti. Una grande città, significa unire le forze per ottenere di più e meglio.
Il primo progetto di unificazione risale a cinquant’anni fa e riguardava Vasto e San Salvo. Non pensa che anche stavolta prevarranno i campanilismi?
«I comuni di allora non erano uguali a quelli di oggi: le problematiche da affrontare erano diverse, la gestione finanziaria con le esigenze dei cittadini era diversa, la conformazione territoriale era differente e la tecnologia pressoché inesistente. Oggi, invece, è necessario fare un balzo in avanti. Dobbiamo iniziare ad avere una visione a più ampio raggio delle opportunità che possiamo cogliere unendo le forze, ma ciò non significa affatto rinunciare alla propria singola identità culturale. È vero che siamo l’Italia dei campanili, che vanno tutelati e salvaguardati, ma è altrettanto vero che, oggi, tanti piccoli comuni fanno fatica a tirare avanti, vuoi per una burocrazia massacrante, vuoi per mancanza di risorse economiche e non, e quindi necessitano di sostegno maggiore. E comunque il campanilismo, spesso, è più negli ambienti politici che nel tessuto sociale ed economico delle nostre città. Ecco, in primis la classe politica deve fare un salto culturale per comprendere l’importanza della Grande Vasto. I cittadini hanno ben compreso, invece, quanto sia utile questa operazione».
Quali vantaggi nascerebbero istituendo la Grande Vasto?
«I vantaggi di un unico, grande comune permetterebbero di razionalizzare i servizi, ridurre i costi della burocrazia e ottimizzare l’utilizzo delle risorse. Si creerebbe un bacino d’utenza più ampio, si attrarrebbero maggiori investimenti e si favorirebbe lo sviluppo economico dell’intera area. Basti ricordare che questo territorio è già provvisto di aree industriali importanti, di ferrovie e di un porto. Concentrando le risorse, si potrebbe migliorare la qualità dei servizi offerti ai cittadini. Inoltre, è da evidenziare che un comune più grande avrebbe maggiore peso politico a livello regionale e nazionale, potendo così incidere maggiormente sulle decisioni che riguardano il territorio, potrebbe favorire lo sviluppo di una nuova identità territoriale, rafforzando il senso di appartenenza dei cittadini».
I comuni più piccoli, con meno residenti e, di conseguenza, con minore forza elettorale, diventerebbero satelliti di Vasto?
«È l’esatto contrario: oggi i comuni più piccoli sono satelliti di Vasto, e dall’altra parte spesso Vasto ha bisogno dei suoi satelliti quando deve fare battaglie territoriali. Quando si è una grande città, bisogna sentirsi parte di una unica grande comunità, senza più distinzioni, e si lavora non più per ciò che riguarda fino ai vecchi confini, ma per la nuova grande città. E poi, oggi la stessa Vasto ha residenti che provengono dalle città viciniore. Ripeto: questo territorio è ben amalgamato nel suo tessuto sociale. È la politica che ha bisogno di andare oltre, perché spesso rincorre quello che i cittadini hanno già raggiunto da tempo».
Quale può essere il primo passo verso la creazione della Grande Vasto?
«Stimolarne il dibattito è sicuramente il primo passo, ma il dibattito non può né durare in eterno, né interrompersi. Occorre intanto una cabina di regia che stabilisca tempi e metodi, che metta insieme i sindaci e che cominci a lavorare sui passaggi da intraprendere».
Cinquant’anni fa la prima proposta di unire Vasto e San Salvo, il Piano Kurokawa: