«Perché un politico come direttore generale del Civeta? Servono capacità tecniche»

«La recente decisione di nominare un politico come direttore generale del Civeta lascia tutti interdetti. E la domanda è inevitabile: è davvero necessario un politico a capo di un ente che dovrebbe essere guidato da competenze tecniche e non da logiche di potere? Cosa c’entra la politica con la gestione dei rifiuti?», a commentare le indiscrezioni sulla graduatoria del concorso per reclutare un direttore generale da 100mila euro all’anno per tre anni sono i coordinatori di Officina Cupello, Antonella Tambelli, Rino De Filippis, Gianfranco Farina e Gianluca Garofalo.

«Parliamo di un settore estremamente complesso, che richiede capacità tecniche, conoscenze ambientali e una visione strategica lontana dalle dinamiche partitiche. I rifiuti non si raccolgono con i comizi e le discariche non si gestiscono con le promesse elettorali. Eppure, sembra che chi decide le nomine pensi il contrario. Affidare la direzione di un consorzio come il Civeta a un politico è come pretendere che un chirurgo faccia il suo lavoro leggendo un manuale di diritto. Certo, i politici sono abili nel fare promesse, ma gestire un sistema complesso come quello dei rifiuti richiede ben altro: esperienza, competenza e, soprattutto, indipendenza da logiche politiche».

Luigi Sammartino, Graziana Di Floroio e Manuele Marcovecchio

«La nomina di un politico a capo del Civeta non fa che sollevare sospetti. A chi serve davvero questa scelta? Ai cittadini, che meritano un servizio efficiente e innovativo nella gestione dei rifiuti, o a chi ha interesse a consolidare il proprio potere? Perché diciamocelo chiaramente: una figura politica in una posizione così delicata rischia di prendere decisioni non sulla base di ciò che è meglio per il territorio, ma di ciò che è meglio per la propria carriera o per il partito. Ogni scelta su come smaltire i rifiuti, su come potenziare il riciclo o ridurre l’impatto ambientale potrebbe essere dettata non dalle necessità tecniche, ma da calcoli elettorali. E chi ci guadagna, alla fine, sono i politici stessi, non certo i cittadini che continuano a fare i conti con servizi inefficienti e discariche fuori controllo».

«Possiamo davvero credere che un politico, senza alcuna esperienza diretta nella gestione dei rifiuti, sia in grado di affrontare le sfide ambientali e operative che il Civeta deve affrontare ogni giorno? Parliamo di un settore che richiede conoscenze specifiche in ambito ingegneristico, ambientale e gestionale. Un politico, per quanto abile nel raccogliere voti, può davvero comprendere la complessità del ciclo dei rifiuti? Può prendere decisioni informate su tecnologie avanzate di trattamento dei rifiuti o sulla riduzione dell’impatto ambientale?»

«Dubbi più che legittimi, che lasciano trasparire un disinteresse totale per la qualità del servizio e per la tutela dell’ambiente. Si preferisce affidare tutto a un politico, forse perché è più comodo controllarlo, forse perché così si può mantenere una certa “influenza” sulle decisioni che contano. E intanto i cittadini rimangono a guardare, pagando il prezzo di una gestione che rischia di essere più orientata agli equilibri politici che alle reali necessità del territorio».

«Affidare la direzione del Civeta a un politico è un salto nel vuoto, un azzardo che mette a rischio la qualità del servizio e la trasparenza delle decisioni. Non ci sono ragioni valide per cui un ente tecnico come questo debba essere guidato da una figura politica, se non quella di servire interessi che poco hanno a che fare con la gestione dei rifiuti e molto con il mantenimento del potere. Se vogliamo davvero un servizio efficiente, trasparente e orientato al futuro, la scelta è ovvia: serve un professionista, non un politico. Ma finché continueremo a confondere la gestione dei beni comuni con la politica, sarà difficile vedere un vero cambiamento. Forse è ora di chiederci: chi è davvero a servizio di chi?».

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