In Abruzzo mancano 7mila lavoratori con con competenze digitali avanzate

In Abruzzo si cercano poco meno di 7mila lavoratori con competenze digitali avanzate (4.0), ma non si trovano. È il dato che emerge dalla rilevazione di Confartigianato sulle occupazioni legate alla transizione digitale delle imprese italiane che rischia di rallentare a causa della difficoltà di reclutamento.

In Italia la necessità è di 699mila lavoratori dei quali più della metà (362mila, 51,8%) è introvabile. Le competenze richieste spaziano dalla gestione di tecnologie come intelligenza artificiale, cloud computing, Industrial Internet of Things (IoT) e data analytics a big data, realtà virtuale e aumentata e blockchain.

In Abruzzo, secondo lo studio, restano vacanti 6.930 posti di lavoro, cifra pari al 52% degli impieghi con e-skills offerti dalle imprese; il dato abruzzese è il più alto tra le regioni del Sud. A livello regionale è in testa il Trentino-Alto Adige, dove il 65,8% dei posti di lavoro offerti (pari a 12.070) resta vacante. Seguono il Friuli-Venezia Giulia (7.350 le figure professionali introvabili, pari al 62,6% del totale richiesto dalle imprese della regione), l’Umbria (3.750, pari al 60,3%), le Marche (9.030, pari al 57,1%), il Veneto (31.720, pari al 56,3%) e l’Emilia-Romagna (29.760, pari al 55,8%). Mostrano percentuali superiori alla media nazionale anche la Toscana (22.550, pari al 54%), la Liguria (7.900, equivalente al 53,1%), il Piemonte (25.860, pari al 53%), la Lombardia (80.250, vale a dire il 52,3%) e il già citato Abruzzo.

«Le nostre aziende – dice il presidente di Confartigianato Marco Granelli – devono poter contare su lavoratori in grado di padroneggiare le nuove tecnologie. Serve un’adeguata politica formativa e un dialogo sempre più stretto tra la scuola, il sistema dell’istruzione professionale e le imprese».

Sempre secondo il rapporto di Confartigianato, le imprese per reagire alla carenza di personale, attrarre giovani talenti e trattenere i lavoratori con più elevate capacità ed esperienza hanno adottato una serie di strategie. In particolare, il 32,6% dei piccoli imprenditori punta su aumenti salariali, il 28,5% su flessibilità degli orari di lavoro e il 24,9% sulla collaborazione con le scuole, soprattutto quelle a indirizzo tecnico e professionale. Secondo l’associazione di categoria, per il 72% dei lavoratori necessari alle piccole imprese è infatti richiesto un titolo secondario tecnico o con qualifica o diploma professionale o una laurea in materie scientifiche, tecnologiche ed ingegneristiche (Stem).

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