Il ritorno in Abruzzo come svolta di una vita: a “Vasto d’autore” chef Nanni e la cucina nei boschi

In giro per il mondo, a Londra, Roma, New York. E poi il bisogno ancestrale di tornare alla casella di partenza. Una storia personale che inizia a Castrovalva, frazione di Anversa degli Abruzzi, e a Castrovalva trova il punto di svolta di una vita. Con spontaneità, sorrisi e occhi lucidi, Davide Nanni racconta il successo che parte dalle cose semplici. E dalle sue ricette wild, la cucina in mezzo ai boschi che lo ha reso celebre sui social network, dove i suoi profili hanno centinaia di migliaia di follower. Lo chef della Locanda nido d’aquila presenta al Vasto d’autore festival il suo libro A sentimento. La mia cucina libera, sincera e selvaggia, edito da Mondadori Electa.

(foto di Costanzo D’Angelo)

Nei Giardini di Palazzo d’Avalos è la terza e ultima serata d’anteprima dell’evento, organizzato da Angelozzi comunicazione, che prenderà il via mercoledì. Serata condotta da Paola Cerella, che comincia introducendo Giulia Cataldi Madonna. L’autrice de Il vino è rosa, dato alle stampe da Topic, dialoga con Nicola Altieri, titolare, insieme al fratello Emanuele, dell’azienda vitivinicola Fontefico. Uno studio sulle origini del vino, che storicamente nacque rosa e così si dovrebbe chiamare. Era rosa nel Medioevo. Era rosa nel Rinascimento, così come nel Settecento. Il rosso è una derivazione ottocentesca: deriva dal vino rosa. Da riscoprire e valorizzare.

Davide Nanni, cuore abruzzese

L’incontro con Davide Nanni è moderato da Giuseppe Ritucci. Origini e ritorno. Lo stesso posto, il luogo dell’anima. «Mi chiedono: a Castrovalva che fai? Lavoro, torno a casa, bevo un caffè. Puoi farlo da solo quando stai bene con te stesso». «Papà Mario oggi a Vasto non c’è. Mi dice: “Se tu vai in giro, chi fatìja? (chi lavora, n.d.r.)”».

Gli anni turbolenti da studente tutt’altro che modello all’istituto alberghiero: «A Villa Santa Maria sono stato l’incubo dei professori, ma c’era qualcuno di loro che vedeva qualcosa in me, prevedeva che sarei diventato qualcuno. Qui in platea c’è anche una mia professoressa». Ritucci gli ricorda di quando «hai provato a mettere fuoco alla scuola», quella volta in cui bruciò un cestino. «Il fuoco è sempre stato dentro di me».

All’estero e poi il richiamo delle radici, che non si possono recidere. Un cerchio che si chiude. «I soldi che ho visto in America qui li vedo col binocolo. Ma nonno, con cui portavamo a spasso le pecore, mi ha sempre detto: “L’America sta a la casa te”». «Sono sempre andato controcorrente, sono sempre stato la pecora nera», però «sono rimasto uno del popolo. Ancora oggi mi chiedo: ma io me lo merito? Non ho fatto niente di speciale, ho fatto quello che hanno fatto e continuano a fare tutti» riscoprendo ed esaltando sapori antichi. Invece «quando alzo l’asticella e divento troppo gourmet nel bosco, le persone lo gradiscono di meno».

I social, su cui è riuscito a farsi conoscere, presi a piccole dosi: «Si pensa sempre all’apparire e meno all’essere. Se volete ispirarvi a qualcuno, fatelo a chi ci mette il cuore. Riempite l’animo, che il portafoglio si riempie da solo».

Galleria fotografica a cura di Costanzo D’Angelo

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