Un fascicolo di 1700 pagine racchiude un anno e mezzo di indagini. Sono le carte dell’inchiesta sulla morte di Jois Pedone. Il diciannovenne di Vasto è stato trovato privo di vita il 22 agosto 2022 in mare, vicino a un trabocco del molo di ponente del porto di Punta Penna. Una corda legava la sua caviglia a una borsa piena di sabbia. Era scomparso nella notte tra il 20 e il 21 agosto. La procura di Vasto ha chiesto l’archiviazione. Ma i familiari dello studente non credono che Jois abbia cercato volontariamente la morte e, per questo, si opporranno.
Millesettecento pagine ripercorrono i risultati dell’inchiesta del pm Vincenzo Chirico. «Lo ringraziamo per le indagini svolte, però crediamo ci siano ancora aspetti da approfondire», dicono gli avvocati Carmine e Concetta Di Risio, che rappresentano i familiari del ragazzo. «Restano grossi dubbi, non imputabili agli inquirenti. Dubbi che segnaleremo con l’opposizione che stiamo predisponendo alla richiesta di archiviazione».
L’ipotesi è che altri siano coinvolti in questa triste vicenda. I legali chiederanno agli inquirenti di acquisire le testimonianze di determinate persone, indicandone anche alcune non ancora sentite nel corso delle indagini. Testimonianze da cui possono nascere, secondo loro, un’ulteriore pista e nuovi spunti processuali.
«La famiglia di Jois è convinta – affermano gli avvocati – che, con i progetti di vita che aveva, il ragazzo non sarebbe mai potuto giungere a una decisione così nefasta». Il diciannovenne studiava economia e management a Parma, era in regola con gli esami e aveva già comprato il biglietto per il treno che, a fine agosto, lo avrebbe riportato nella città emiliana. Non solo. Aveva anche prenotato la vacanza a Barcellona. Sarebbe andato in Spagna nella prima metà di settembre, una volta terminata la sessione d’esame. Inoltre, nelle settimane precedenti alla sua scomparsa aveva comprato molti cosmetici e prodotti per la cura personale. Tutti elementi che stridono con la volontà di compiere un gesto estremo da parte del giovane che, oltre a studiare, lavorava come cameriere a Parma in una pizzeria e a Vasto in un ristorante. Frenquentava un gruppo storico di amici, ma con lo studio e il lavoro aveva anche ampliato le sue conoscenze.
«Stiamo approfondendo – spiegano i legali – alcuni aspetti relativi al mondo esoterico, perché riteniamo che sia stato indotto da qualcuno a compiere il gesto». Non convince la famiglia neanche il luogo del ritrovamento: in quel tratto di mare c’erano due metri e mezzo d’acqua. «Jois era alto un metro e 80. Perché annegasse sarebbero stati necessari almeno tre metri d’acqua». Gli avvocati Di Risio attendono il dissequestro del telefono e dei pc personale e universitario di Jois. I dispositivi elettronici sono stati oggetto di una perizia forense che ne ha analizzato le telefonate fatte e ricevute e conversazioni tramite social network e messaggistica istantanea.
La madre, Mary Nora Ramundi, chiede chiarezza: «Voglio invitare chi sa qualcosa a parlare. Senza aver paura. Perché è successo a Jois, ma potrebbe succedere a chiunque».