La Corte d’Appello dell’Aquila ha condannato l’Inps a riconoscere le maggiorazioni amianto e a ricostruire la posizione contributiva del chietino Luigi Vitullo, morto a 54 anni di mesotelioma pleurico epitelioide, a causa dell’esposizione professionale alla fibra killer.
Le perizie tecnico-ambientali del Ctu hanno confermato che l’operaio, che dal 1976 al 1987 ha lavorato in diverse aziende nella provincia di Chieti (8 anni nella Consonni Onorino s.a.s e per un anno circa nelle aziende Fontana Luigi s.p.a, la Ditta Di Toro Domenico e la Serrapica Pneumatici s.r.l.) nelle quali, durante le sue mansioni, è stato esposto direttamente e indirettamente a polveri e fibre di amianto.
È stato ricostruito che tra le sue mansioni c’era la manipolazione delle lastre di cemento amianto soggette a continua usura e spesso lasciate in stato di abbandono sul cantiere. «La cosa grave è che, nonostante il divieto di utilizzo introdotto dalla legge 257/92, Vitullo e i suoi colleghi fino alla metà degli anni ’90 continuavano a utilizzare guanti, parannanze e altri strumenti di protezione realizzati in amianto – spiega l’Osservatorio Nazionale Amianto – Tutti gli operai, senza essere informati dei rischi per la salute e senza che le aziende avessero mai adottato gli strumenti di prevenzione tecnica, come aspiratori per le polveri, così come le protezioni individuali come le maschere e tute monouso, inoltre, portavano involontariamente abiti contaminati con polvere e fibre di amianto nelle proprie abitazioni esponendo i propri cari».
L’esordio della malattia per Vitullo avvenne nel maggio 2015 e nel giugno arrivò la conferma della diagnosi di mesotelioma. L’uomo morì poi ad Ancona, un mese dopo, tra atroci sofferenze fisiche e psicologiche, «lasciando dietro di sé una scia di dolore e disperazione per sé e per i suoi cari».
La lunga battaglia giudiziaria del presidente dell’Osservatorio Nazionale Amianto, Ezio Bonanni, legale della famiglia, è iniziata prima contro l’Inail che nel 2019, quando la causa aveva ormai assunto una piega positiva, riconosce il diritto in via amministrativa: «L’Inps, invece, anche dopo il riconoscimento dell’Inail, ha continuato a negare l’esposizione ad amianto dell’operaio – dice Bonanni – e i benefici e le prestazioni aggiuntive del Fondo Vittime Amianto spettanti alla vedova, Antonietta Cicchini, che all’epoca della morte del marito aveva 50 anni, costringendo a una nuova causa. La domanda in primo grado viene rigettata, ma in appello giustizia è stata fatta perché il ricorso viene accolto, alla donna ora andranno i diritti spettanti in seguito alla tragica perdita del marito. L’Istituto è stato condannato al ricalcolo della pensione di indennità con un aumento di circa 5mila euro in più all’anno. Inoltre la donna dovrà percepire 80mila euro circa tra gli arretrati dell’Inps e quelli dell’Inail».