Gissi si stringe attorno ai familiari di Nelluccia. Così in paese chiamavano Carolina D’Addario, la sarta di 84 anni uccisa il 23 dicembre da una coltellata nella sua casa di corso Remo Gaspari numero 6.
Stracolma la chiesa di San Bernardino, dove il parroco, don Gianluca Bracalante, celebra le esequie (video): «Vorrei ringraziare Nelluccia. Contro la stupidità del male, che è peggiore della malvagità, non c’è rimedio. Questa società sta creando stupidità», perciò «ognuno di noi ha una responsabilità sociale», il dovere di denunciare quello che non va, «se qualcuno ruba, non possiamo tacere. Nelluccia ci lascia una vita di spiritualità. Abbiamo il dovere di rispondere col bene alla malvagità».
Una donna di cui bontà e altruismo sono stati i sentimenti di un’intera vita. Una parola buona e un gesto gentile per ognuno, porte aperte per tutti: a chi aveva bisogno delle sue mani esperte nel cucire i tessuti o rammendare gli abiti, ma anche a chiunque andasse a trovarla per scambiare due parole davanti a un caffè.
Da una di quelle due porte, probabilmente quella del laboratorio di sartoria sul retro della casa, è entrato l’uomo che l’ha uccisa e le ha rubato i risparmi, 20mila e 500 euro, la fede e i gioielli che portava.
Dal 29 dicembre, giorno in cui Procura e carabinieri hanno chiuso il cerchio attorno a lui, nel carcere di Torre Sinello, a Vasto, si trova Flavio Meo, 59 enne bracciante agricolo originario di Palmoli. Lui e Nelluccia erano vicini di casa. Interrogato dai militari, ha ammesso le sue responsabilità indicando agli investigatori il punto del muraglione del centro storico da cui aveva lanciato il coltello, poi recuperato dai vigili del fuoco. Nell’udienza di convalida si è avvalso della facoltà di non rispondere. Al suo avvocato, Luigi Masciulli, non ha fornito una chiara versione dei fatti, non chiarendo dimanima e motivi del gesto neanche nel recente secondo colloquio nel carcere di Torre Sinello, a Vasto.