D’Amico: «Non sarò l’uomo solo al comando. Riporteremo l’Abruzzo allo sviluppo»

Non sarà un uomo solo al comando: «Vogliamo concertare e condividere». Luciano D’Amico si presenta come l’uomo del dialogo. «Mi rimproverano di non attaccare i miei avversari», ma «credo che si possano esprimere i propri programmi con la pacatezza e, in questo modo, ottenere la fiducia dei cittadini». Il candidato del centrosinistra alla presidenza della Regione Abruzzo fa tappa a Vasto per la prima volta dopo l’investitura di un mese fa a leader della coalizione Abruzzo insieme, composta da Pd, Movimento 5 stelle, Azione, Italia viva, Socialisti, + Europa, Demos, Sinistra italiana, Articolo uno, Europa verde, e Polis.

Luciano D’Amico

Presenti i consiglieri regionali Silvio Paolucci (Pd) e Pietro Smargiassi (M5S) e l’ex deputata Carmela Grippa (M5S), l’ex rettore dell’Università di Teramo viene accolto dal sindaco di Vasto, Francesco Menna, nella pinacoteca di Palazzo d’Avalos, dice di voler riportare l’Abruzzo «agli anni ruggenti del nostro sviluppo, da cinquant’anni non abbiamo innovazioni», mentre oggi è «una regione stanca che non riesce a mantenere il ritmo, che pure è lento, del Paese». Con l’emigrazione giovanile, l’Abruzzo «perde sistematicamente le energie migliori». Vuole «rappresentare le istanze dei singoli territori» e «anticipare i problemi e offrire ai propri giovani opportunità di rimanere. Oggi l’emigrazione è persino peggiore degli anni Sessanta-Settanta, perché è un’emigrazione di risorse qualificate». Invece bisogna «affrontare le urgenze» e «iniziare a ragionare su come sarà l’Abruzzo tra dieci anni, quale sarà la regione che lasceremo».

Il turismo e i trasporti viaggiano di pari passo: «La strategia dell’aeroporto non deve essere aspettare passivamente che Ryanair faccia passare incidentalmente qualche volo per Pescara», ma «è necessario avere una strategia».

Capitolo aree interne, partendo dalla considerazione che «dei 305 comuni abruzzesi, solo 15 sono costieri», quindi per i comuni dell’entroterra vanno previste «forme di fiscalità di vantaggio», come accade altrove, dove nei territori montani «l’Iva sul riscaldamento è al 10 per cento invece che al 22». Promette: «Noi non vogliamo un uomo solo al comando. Vogliamo concertare e condividere».

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