La guardia di finanza scopre un “triangolo del falso”, Pescara-Roma-Napoli: 16mila capi sequestrati

Oltre 16mila capi d’abbigliamento ritirati dalla vendita e sequestrati, perché privi di etichettatura conforme alla normativa del Regolamento Europeo e del Codice del Consumo, sanzioni fino a 20mila euro. Sono i numeri dell’operazione Stop Fake della guardia di finanza che è partita da un negozio al dettaglio del Pescarese per arrivare ai centri di stoccaggio merce disseminati tra Roma, Napoli e San Giuseppe Vesuviano. Le indagini partite dell’esame della documentazione contabile rinvenuta hanno portato i militari a risalire la filiera illecita della merce e scoprire così tre diversi opifici per grossisti gestiti da cinesi (segnalati alle Camere di commercio).

Il settore moda si conferma come tra i più colpiti dal business della contraffazione. La Cina è il principale luogo di origine dei pezzi non sicuri e potenzialmente tossici circolanti nel sommerso nazionale. Secondo le fiamme gialle, a Napoli sembra essere operativa una vasta filiera del falso per la produzione e la commercializzazione di capi di abbigliamento low cost lungo i corridoi adriatici e tirrenici della penisola.

A capo di questa filiera ci sono organizzazioni criminali «attratte dalla produzione o distribuzione di merce contraffatta, attività scarsamente rischiose e, al contempo, altamente lucrative, per via dell’elevata domanda dipendente dalle notevoli differenze di prezzo tra gli originali e le loro copie»
«I delitti di contraffazione, se realizzati in forma organizzata, costituiscono attività criminose produttive di enormi profitti – dice il comandante provinciale della guardia di finanza di Pescara, Antonio Caputo – Quando questi guadagni si riversano nell’economia legale, alterano il mercato e fungono da ulteriore incentivo per la commissione di una serie di reati. La tutela della proprietà intellettuale non è solo la difesa del marchio, ma anche un argine per salvaguardare la salute pubblica, i diritti dei lavoratori e delle imprese, il corretto sviluppo della libera concorrenza ed evitare, inoltre, il possibile insorgere di problematiche connesse all’ordine ed alla sicurezza pubblica, messe a rischio dalla sottrazione di risorse all’erario, dalla perdita dei posti di lavoro e dalla chiusura di aziende produttive».

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