«Ancora una volta piangiamo i morti sul lavoro. E ancora una volta assistiamo all’immancabile gara di solidarietà verso le famiglie dei martiri del lavoro. Purtroppo, non può essere diversamente. Nessuno però ha il coraggio di schierarsi, di dire le cose come veramente stanno o per lo meno cosa si pensi veramente. I morti sul lavoro non sono un caso fortuito, la nostra legislazione in materia è una delle più avanzate del mondo sviluppato e, se applicata in ogni sua parte, non permette che fatti del genere avvengano». Sono le parole della Federazione provinciale di Chieti del Partito Socialista Italiano che interviene sulla tragedia sul lavoro alla Esplodenti Sabino. Stamattina inizieranno le autopsie sui corpi di Giulio Romano, Fernando Di Nella e Gianluca De Santis.
«Un altro fatto inoppugnabile intorno alle vicende delle cosiddette morti bianche è che se tutte le parti in causa svolgessero il proprio compito con la dovuta professionalità, se non ci si lasciasse condizionare e influenzare da logiche che nulla hanno a che fare con i ruoli che ognuno si trova a svolgere nella società, questi fatti non accadrebbero. La sicurezza deve diventare un patrimonio sociale e culturale dell’intera comunità nazionale. Bisogna insistere e investire sempre di più in formazione degli addetti e di tutto il personale operante nei luoghi di lavoro».
«Ora non ci resta che aspettare fiduciosi che la magistratura accerti fatti e responsabilità, e, secondo alcuni, questo dovrebbe bastare per mettersi a posto con la coscienza. Ma nei sentimenti e nelle coscienze delle persone restano tanti interrogativi che meritano risposta. Una fra tutte: come è possibile che nell’era della tecnologia e del digitale, dove l’intelligenza artificiale occupa sempre più spazio nel nostro vivere quotidiano, dove da remoto, da paesi distanti fra loro miglia di chilometri si possono effettuare i più delicati interventi chirurgici, mentre tutto ciò avviene nel mondo intorno a noi in un’azienda ad altissima pericolosità come quella in questione il lavoratore è costretto a maneggiare manualmente, mine, missili, bombe e quant’altro di più pericoloso possa esistere sulla faccia della terra?».
«Noi socialisti non accettiamo l’idea di chi, non rispondendo alla domanda su cosa si pensa del futuro di questo sito, lasci chiaramente intendere che questa fabbrica va chiusa. Vogliamo far riflettere che questo modo di ragionare sarebbe una doppia sconfitta. Innanzitutto, perché questo lavoro comunque lo si deve fare e poi riteniamo grave il fatto che anziché fare una battaglia seria con il datore di lavoro nel chiedere investimenti e tecnologie sui processi produttivi, spostiamo il problema altrove, magari dove la fame e le necessità rendono più lievi le morti sul lavoro».
«I socialisti pensano che questa fabbrica debba rimanere a operare sul nostro territorio, ci rendiamo sin da disponibili a sostenere, a tutti i livelli, una battaglia seria per rendere la fabbrica sicura sia per le settanta persone che ci lavorano che per l’intero territorio».