Finite le pause di agosto, per le fabbriche del territorio è tempo di fare i conti con le situazioni lasciate in sospeso. Prima fra tutte c’è sicuramente la Denso di San Salvo alle prese ormai da tempo con l’incertezza sul ruolo dello stabilimento nello scacchiere produttivo dell’auto elettrica del gruppo giapponese. Quella che si è aperta è una settimana importante. Oggi e domani sarà presente nello stabilimento il responsabile dei motori del gruppo, Tsunenobu Hori, mentre il 6 settembre tornerà a San Salvo il presidente Koji Arima.
Per Arima, molto legato allo stabilimento di Piana Sant’Angelo, si tratta della seconda visita in meno di un anno essendo già venuto nei primi giorni del novembre del 2022. Difficile dare un significato a queste nuove visite. La speranza dei sindacati resta quella dell’anno scorso (quando non furono chiamati a incontrare il presidente): l’arrivo di nuove lavorazioni.
All’orizzonte, c’è anche la scadenza della cassa integrazione a ottobre, altro punto importante sul quale sono attese novità per conservare i livelli occupazionali. A inizio luglio i sindacati, dopo un presidio in piazza, hanno incontrato l’amministrazione comunale: seduta durante la quale è stata citata nuovamente l’esigenza dell’inserimento nell’area di crisi complessa.
«Ammortizzatori importanti, ma non sufficienti»
Sulla presenza in sede del responsabile dei motori, Alfredo Fegatelli (Fiom Cgil), auspica buone notizie: «Noi speriamo che ci porti qualche novità, soprattutto sui piccoli motori, perché allo stato attuale sentiamo tante voci, ma a oggi non abbiamo nuove lavorazioni che sono entrate in fabbrica». Il concetto è ribadito anche per quanto riguarda l’imminente arrivo di Arima: «C’è la necessità di attività lavorative perché dopo anni di chiusura in negativo del bilancio, l’anno scorso è andata meglio, ma c’è stata la vendita di alcuni beni aziendali. Quest’anno sarà impossibile ripetere la stessa operazione, quindi c’è la necessità di colmare con l’attività lavorativa», dice a Chiaro Quotidiano.
«Gli ammortizzatori sociali sono necessari, ma non sufficienti perché il numero chi godrà di misure che potrebbero agganciarsi alla pensione è basso, mentre le persone che restano al lavoro sono circa 650. È opportuno che inizino a esserci risposte per questi lavoratori. I problemi restano in capo a chi rimane dentro e non a chi va in pensione. Io sono critico nei confronti dei soldi spesi per gli ammortizzatori sociali senza avere un piano industriale che garantisce le 650 persone. Inoltre noi abbiamo investimenti annunciati per 25 milioni di euro, ma ancora fermi al palo; finora è stata fatta poca roba, niente che possa far pensare a nuove attività».