Trasformare 61 ettari producendo energia solare da agrivoltaico, coltivando terreni abbandonati e destinandovi attività di intrattenimento e svago. L’ambizioso progetto – se realizzato, tra i più grandi d’Abruzzo – è stato sottoposto qualche giorno fa dalla società agricola Ascina di Fausto Giuseppe & C. di Castiglione del Lago (Perugia) alla Valutazione nazionale di Impatto Ambientale.
La localizzazione del progetto – che ha come denominazione ufficiale Progetto di valorizzazione di un’area agricola mediante la realizzazione di un impianto fotovoltaico integrato a produzione agricola di pregio, a biodiversità, ad aree attrezzate per intrattenimento e svago – è sulle colline di valle Cena, a poca distanza dal polo impiantistico del Civeta, ricadente nei territori di Cupello e Monteodorisio. A elaborarlo è stata la Unicable di Siena.
La produzione elettrica
Come detto, il progetto è ambizioso e si può dividere in due parti: quella dedicata alla produzione energetica e quella alle altre attività. La tecnologia individuata è quella dell’agrivoltaico che negli ultimi anni sta sostituendo il classico fotovoltaico: in estrema sintesi, la differenza principale sta nell’altezza e nel distanziamento dei moduli contenenti i pannelli che permettono di usare i terreni anche per le coltivazioni (uno di modeste dimensioni è stato approvato di recente a Carunchio, Leggi) pur non evitando un considerevole impatto visivo.
La potenzialità dell’impianto solare è di 24 Mwp grazie a 2.297 tracker, le strutture (di 3 metri x 12) che seguono il sole contenenti i pannelli veri e propri. Ogni tracker monterà 18 pannelli per un totale di 79.392 moduli distribuiti in 16 ettari.
Coltivazione e svago
Nella documentazione presentata i terreni individuati vengono descritti come «abbandonati e non più fertili». Per questo sarà necessario un intervento di rifertilizzazione. Per quanto riguarda le colture, nella documentazione non ce ne sono di individuate come certe, ma si ipotizzano filari di viti a spalliera, olivo a coltivazione super intensiva o carciofi. Inoltre, in via sperimentale, si potrebbe destinare «parte o tutta l’area di intervento ad allevamento biologico di polli o conigli».
Si prevedono poi (oltre a opere di mitigazione del dissesto e regimentazione delle acque): aree pic nic nell’area boschiva a valle in prossimità del torrente Cena (per anni tra i corsi con la peggiore qualità delle acque in regione), viabilità, posti auto e camper, energia, acqua wi-fi e servizi igienici, un frutteto pubblico con area biodiversità, percorso bici-natura, percorso trekking, pista da sci estivo, bob su erba sintetica o binario.
I 61 ettari sarebbero così impiegati: 16 ettari occupati dall’impianto fotovoltaico; 33 ettari per coltivazione tra i filari di pannelli fotovoltaici «con la piantumazione di 100mila piante se a interasse di un metro (coltura di olivo super intensiva) o 50mila piante se ad interasse di due metri (vigneti a spalliera) o di 150mila piante nel caso di carciofi o altra coltura a ciclo occasionale»; 0,1 ettaro per cabine di trasformazione e di consegna; 1 ettaro per intervento di mitigazione visiva lungo il confine di proprietà che ospiterà circa 1.200 piante di nocciolo; 2 ettari per la viabilità interna realizzati unicamente con misto di cava; 2 ettari per il percorso trekking e l’area sportiva da cedere in gestione all’amministrazione comunale o ad associazioni sportive; 1 ettaro per distacchi e fasce di rispetto stradali; 1,2 ettari rinforzo della scarpata lungo la fondovalle Cena e la rinaturalizzazione delle scarpate; 0,3 ettari per edifici ed aree pertinenziali; 4,5 ettari destinati a frutteto pubblico biologico e biodiversità, area picnic e parcheggi; 2,5 ettari di terreno incolto, di aree marginali, di percorsi vicinali riportati a coltivazione e uso; 1.200 metri lineari di aree demaniali ripulite e rifunzionalizzate a percorso ciclabile.
«Pannelli solari tra i filari di vigna»
Attuale più che mai in questo periodo storico il dibattito sul difficile connubio tra produzione di energia da fonti rinnovabili e limitazione del consumo di suolo. Nell’introduzione della sintesi non tecnica, Giuseppe Fausto, titolare dell’azienda agricola proponente (attiva da 86 anni) afferma che «su quei terreni vicino ai pannelli vogliamo coltivare cose buone e genuine con l’amore per la terra che mi ha accompagnato fin qui».
In conclusione, invece, sono i progettisti Guido Lombardi (fisico e sustainability resource planner) e Marco Monti (ingegnere e senior designer) a sottolineare la differenza con gli impianti classici: «Ci siamo chiesti nell’immaginare l’inserimento della nostra idea progettuale nel paesaggio quale fosse il modo migliore per interpretare un’epoca, la nostra epoca, nella quale si guarda alle energie rinnovabili con fiducia, e ci auguriamo di averlo saputo interpretare al meglio non inserendo i filari di vigna tra i “pannelli solari”, ma i “pannelli solari” tra i filari di vigna quali accessori di bellezza e non come barbara intrusione della tecnologia nel paesaggio. Accessori di bellezza che non vanno nascosti ma curiosamente seguiti con lo sguardo, osservati, scoperti».
Valle Cena si conferma così come area destinata a una triplice caratterizzazione: accanto alla storica vocazione agricola, c’è quella della gestione dei rifiuti con l’impianto del Civeta (è possibile presumere che tra non molto si riaprirà la discussione su una quarta vasca) che in futuro tratterà anche fanghi e gli altri ancora pendenti (vedi quello della Vallecena srl) e, a breve, la produzione di energia con il biodigestore da 3,9 milioni di metri cubi di biometano e il maxi-progetto dell’agrivoltaico.