È tra i premiati dell’Ordine provinciale dei medici di Chieti per aver raggiunto i 50 anni dalla laurea, ma il riconoscimento più grande è senza dubbio quello che gli arriva da tutti gli attestati di stima per i suoi oltre 40 anni di carriera nell’ospedale Renzetti di Lanciano. Antonio Mastrocola, storico ginecologo lancianese, in pensione da 17 anni e oggi tra i premiati dell’Ordine dei medici nell’assemblea generale ordinaria del 2023. Schivo, per nulla amante dei riflettori, ma dedito al lavoro ed alla professione che ha svolto con passione e competenza per oltre 40 anni. Dal 1972 in forze all’ospedale Renzetti, con una piccola parentesi tra Atri e Casoli, ha fatto nascere un numero imprecisato di bambini di quasi tre generazioni diverse ritrovandosi spesso in sala parto giovani mamme che, anni prima, aveva aiutato a venire al mondo rinnovando in modo del tutto naturale il circolo della vita.
«Ricordo la sua dedizione al lavoro ed alle sue pazienti tanto che a volte, quando arrivava in ospedale, dimenticava quasi di timbrare il suo cartellino per arrivare più in fretta in reparto – raccontano degli ex collaboratori -. Quando c’erano nevicate abbondanti, si trasferiva direttamente, anche per più giorni, in ospedale per evitare disguidi o di restare bloccato in caso di reperibilità o emergenze». Oggi, molto banalmente, lo definiremmo un medico di altri tempi, in cui la dedizione al lavoro era al primo posto, sempre. E infatti sono tante le ex pazienti che, ancora oggi, dopo tanti anni continuano a chiamarlo anche per un piccolo consiglio su cosa fare o a chi rivolgersi. Tante le nascite a cui ha assistito tra cui quella del figlio Gianluca, oggi stimato chirurgo plastico a Madrid, unico momento professionale in cui, forse, il giuramento di Ippocrate è passato in secondo piano rispetto alla gioia di essere diventato papà. Talmente in secondo piano da aver preso tra le braccia il neonato, lasciando la moglie Maria Grazia, storica caposala di Chirurgia al Renzetti, nelle mani dei colleghi senza pensarci due volte.
Tutti ricordano la velocità con cui arrivava in ospedale nei momenti di emergenza o reperibilità senza badare ad altro. O quasi. «In ospedale, e non solo – raccontano degli amici – tutti sapevano della sua passione, per non dire malattia, per il Milan. Per cui chi faceva i turni, cercava sempre di non mettergli reperibilità in concomitanza di una partita importante per poterlo in qualche modo agevolare». E sul Milan sono tanti gli sfottò con i neo genitori di altra fede calcistica a cui diceva che i figli, nati grazie alle sue mani, sarebbero diventati rossoneri.
Gli attestati di gratitudine che tuttora riceve quotidianamente sono la dimostrazione di quanto la passione e l’abnegazione con cui ha svolto la sua professione abbiano dato i loro frutti e resistano ancora, immutati, negli anni. Proprio come l’amore per il suo lavoro al di sopra di ogni cosa. A parte il Milan, s’intende.