Giuseppe Colangelo è stato premiato ieri, nella Sala della Protomoteca del Campidoglio, come vincitore della Biennale d’Arte internazionale di Roma, organizzata dal Centro Internazionale Arte Contemporanea. Lo scultore di Castiglione Messer Marino aveva presentato la sua opera Germinazione, realizzata in marmo statuario, esposta lo scorso settembre al Museo Domiziano in piazza Navona. Una creazione artistica che esprime, attraverso le forme realizzate dalle mani di Colangelo, forza e leggerezza, con un corpo massiccio da cui vengono fuori, come nella germinazione, due lembi che rappresentano la forza della vita che nasce.
Nella sala capitolina la cerimonia di premiazione è stata impreziosita da performance artistiche che hanno spazio tra diverse discipline dell’arte, dando ancor più valore alle opere degli artisti premiati in questa XIV edizione. Forte anche il messaggio trasmesso dagli organizzatori del Ciac che hanno voluto dare valore alla pace tra i popoli facendo sfilare modelle con abiti sartoriali arabi e occidentali.
Per Colangelo, quello della Biennale di Roma è un ulteriore riconoscimento che riconosce la bontà della sua arte. La professoressa Bianca Campli parla così dell’artista abruzzese. «La scultura di Giuseppe Colangelo è diventata per me una sorta di linea dell’orizzonte della mia immaginazione e dell’ambiente estetico in cui vivo. La linea dell’orizzonte c’è sempre ma la si nota solo con un anno di consapevolezza, eppure essa definisce e conferisce senso a tutto ciò che ingloba. Così è per l’arte di Colangelo: le sue forme sembrano germinare dalla materia, creta, marmo, legno, pietra, con naturalezza come se l’argilla o il marmo per natura fossero soliti germogliare, erompendo da una materia inerte con polloni, fiori, germogli di variegata ricchezza.
La metamorfosi, che è la caratteristica più evidente della natura – dal seme la piantina, da questa il fiore, dall’uovo il passerotto, dal bruco la farfalla, dalla piantina la foresta -è la divinità che governa l’arte di Giuseppe. E non solo la metamorfosi delle forme ma anche quella dei materiali: marmi che sembrano sete, legni che sembrano marmi, argille che sembrano materia organica.
Eppure quest’arte così vitalistica e a tratti affascinata da una sorta di primitivismo, rivela una cultura visiva, una consapevolezza della complessa storia artistica del ‘900 assolutamente raffinata. Per cui, chi volesse esercitarsi nel gioco delle influenze, avrebbe da divertirsi, perché il lavoro artistico di Giuseppe comprende il gesto, l’espressione, la materia, il concetto, tutto quello che, alternativamente, ha fatto esplodere le avanguardie artistiche dell’arte contemporanea, ma filtrato da una personalità appassionata, capace di sciogliere al fuoco di una calda umanità ogni freddo intellettualismo», conclude Bianca Campli.