«Io, vittima di bullismo da tutta la classe. Per mesi ho creduto di chattare con una ragazza»

Credi di chattare per sette mesi con una ragazza, prima di scoprire che, in realtà, erano i tuoi compagni di scuola, che così si sono divertiti alle tue spalle. È una delle esperienze vissute sulla sua pelle da Vincenzo Vetere, 27 anni esperto di sicurezza informatica e fondatore dell’Acbs, associazione contro il bullismo scolastico. Oggi, nel Safer Internet day, la Giornata mondiale della sicurezza in Rete, ha raccontato la sua storia dialogando con gli alunni della scuola secondaria di primo grado Rossetti di Vasto. L’appuntamento è stato organizzato dall’Istituto tecnico statale e tecnologico Palizzi di Vasto nell’ambito delle iniziative organizzate per il centenario della scuola di via Conti Ricci.

Vincenzo Vetere e Nicoletta Del Re

«Spesso chi è vittima non parla», fa notare Nicoletta Del Re, dirigente del Palizzi. «Non si rimanda mai l’affronto dei problemi».

«Il nostro è un impegno contro la violenza a 360 gradi», ha detto l’insegnante Teresa Di Santo, che ha organizzato l’iniziativa. «Ci impegniamo in un percorso contro la violenza tutti i giorni. Per questo non registriamo nella nostra scuola episodi di bullismo. Il bullismo non ha età: esiste tra adulti, esiste la violenza anche tra persone anziane. La Rete, che può essere oggi tanto utile, è altrettanto subdola».

LA TESTIMONIANZA – «Ho subito il bullismo come era successo a mio fratello prima di me», esordisce Vetere raccontando quello che ha vissuto nel suo paese di origine, vicino Milano. «L’ho subito perché avevo lo stesso cognome in un piccolo comune dove tutti si conoscono. Mi dicevano: ‘Sei brutto, sei cesso, perché ti vesti così?’. Quando te lo dicono per troppo tempo, ne porti i segni. Io li porto ancora da tanti anni. Sono arrivato perfino a chiedere a mia madre: ‘Perché mi hai fatto così?’».

Spiega che «un elemento fondamentale del bullismo è l’intenzionalità. I bulli studiano la vittima e sanno che potranno fare tutto quello che vogliono. Quando la vittima parla, se ha il coraggio di farlo, racconta al docente l’episodio meno grave, perché non sa quali potranno essere le conseguenze. I bulli non vanno mai a beccare il loro pari, ma sempre il più debole. Spesso si considerano solo due soggetti su tre: il bullo e la vittima, senza contare che c’è anche il complice. Solo a 19 anni ho scoperto di essere stato bullizzato, prima mi sembrava la normalità». Sono situazioni in cui «soffre la vittima, ma anche il bullo, perché dietro a comportamenti del genere c’è sempre un problema».

«Ho fatto l’esame di maturità a scena muta. Ho dovuto portare il testimone perché nessuno ha voluto ascoltare il mio esame. Per anni ho dovuto fare le interrogazioni mentre dietro tutti imitavano la mia voce. Oggi tutti hanno un telefono in tasca, quindi il bullismo è h24. Quando andavo io a scuola, si chattava dal computer, non si poteva rispondere dal cellulare, come oggi, durante l’intervallo. Quindi c’era l’ansia di tornare a casa per avere la risposta. Ho scoperto di aver chattato per mesi con un profilo falso». Sembrava una ragazza interessata a conoscere Vincenzo. «Dopo due mesi le ho chiesto di andare a prendere un caffè insieme» senza avere alcuna risposta. «Il giorno dopo in classe tutti parlavano di caffè, ma in quel momento non me ne sono accorto». Credendo di scambiarsi messaggi con la ragazza verso cui iniziava a provare dei sentimenti, in realtà «per sei-sette mesi ho chattato con i compagni di classe. Fino a quando, un giorno, ho trovato su tutti i loro desktop lo screenshot di un mio messaggio».

Teresa Di Santo

GLI STUDI – «La vittimizzazione da bullismo incide sugli aspetti identitari, anche a volte i più profondi, con impatto sull’autostima e sull’autoefficacia», spiega Giulio D’Urso, ricercatore in psicologia dello sviluppo e dell’educazione all’Università d’Annunzio di Chieti-Pescara. «A volte delle conseguenze anche a lungo termine possono ricadere nei giovani adulti sulle relazioni con i partner o anche traslarsi nei posti di lavoro quando i giovani adulti iniziano a lavorare. Se ci pensiamo, la vittimizzazione può essere intesa anche come un fattore di rischio per quelle che sono anche le competenze socio-relazionali ed emotive lungo il ciclo di vita». Possono comportare «l’aumento di tratti di ansia, tratti depressivi che possono essere delle possibili conseguenze, tenendo però presente che gli adolescenti hanno una competenza, che può essere definita resilienza, che spesso li aiuta a fronteggiare gli esiti negativi della vittimizzazione. O, ancora, abbiamo anche un calo del rendimento scolastico. Un recente studio cinese evidenzia come le vittime abbiano maggiore possibilità di riportare valutazioni negative nelle principali materie di studio. Quindi sono necessari interventi-target specifici» attraverso programmi anti-bullismo.

Giulio D’Urso

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