Il poeta, scrittore e poeta Ardengo Soffici diceva che «i due odori più buoni e più santi son quelli del pane caldo e della terra bagnata dalla pioggia». Ed è proprio in un piovoso pomeriggio di gennaio che Vincenzo Mossini ci apre, per l’ultima volta, la porta di quello che per lui e per tanti lancianesi è stato molto più di un semplice forno ma una vera e propria istituzione e un luogo “sicuro” di quelli che immagini possano esistere per sempre. Ma il forno di Mossini più che venir ricordato per il cognome del suo proprietario è ancora oggi riconosciuto ed identificato come “lu forn de li reduc”: un soprannome così forte da essere diventato quasi un marchio di fabbrica. «Questo nomignolo – afferma Enzo Mossini a Chiaro Quotidiano – nasce dal fatto che i miei nonni erano reduci dalla Seconda Guerra Mondiale e dopo essere stati per un periodo a Tripoli in Libia, dove mio padre imparò l’arte del pane, si trasferirono qui a Lanciano.
Nonno Egidio, originario di Mantova si era ritrovato vedovo con mio padre e mio zio ancora bambini e decise quindi di risposarsi con mia nonna Rosa». A far arrivare in Abruzzo la famiglia di Mossini ci pensarono due zie ostetriche di Lanciano e Frisa che consigliarono ai loro parenti di tornare in Italia. Anni dopo il papà di Vincenzo, Carlo convolò a nozze con la signora Giannina e dal loro amore nacquero lui ed altri tre fratelli. Il forno aprì ufficialmente il 1 gennaio del 1960 e in sessantadue anni di vita, tanti sono stati i volti diventati amici che Vincenzo non può dimenticare, «ricordo con piacere Assunta Paolini, sorella del sindaco da poco scomparsa e la signora De Benedictis ma i clienti non sono mai mancati e arrivavano non solo da Lancianovecchia (il quartiere storico dove si trova il forno) ma da tutta la città e dalle contrade». Numerosi sono anche i ricordi di cui ci parla Vincenzo «all’apertura delle feste, la mattina del 14 settembre, preparavamo la pizza con alici e peperoni e il 3 febbraio per il giorno di San Biagio c’è sempre stato tanto lavoro con i fedeli che passavano ad acquistare i maritozzi, i taralli zuccherati o con l’anice e le “cicerchiate”, anche se il lavoro iniziava già in anticipo e almeno una settimana prima. Un anno – afferma Vincenzo – a causa delle forti nevicate fummo costretti a buttare tutto perchè il maltempo aveva costretto i lancianesi a rinunciare a questa tradizione.
La decisione di chiudere è stata sofferta, ma io ho 65 anni, le spese ed i costi delle materie prime aumentano continuamente e seppur con tristezza abbiamo capito che questo era il momento ideale per dire addio, anche perché mia figlia ha studiato ed ha intrapreso altre strade. Purtroppo – afferma il signor Mossini – tutto nella vita ha una fine, certo il rapporto umano ed il contatto con i clienti verrà a mancare ma è giusto così. Del resto il mestiere del fornaio non è facile richiede sacrifici, lavorare di notte, e sia in salute che in malattia non si può fare a meno di essere presenti in negozio. Inoltre il pane, che una volta era l’alimento principe sulle tavole degli italiani, si mangia di meno ed in forme sempre diverse che ne hanno forse snaturato anche quel sapore genuino. Ora – conclude Vincenzo – voglio riposarmi e dedicarmi agli hobbies ed alla caccia, poi vedremo quello che succederà». Susi di Fossacesia solo per i giorni del 2 e 3 febbraio venderà l’immancabile tarallo nella sede del forno Mossini,un modo per continuare la tradizione ma, nonostante la buona volontà, siamo certi che in molti rimpiangeranno l’appuntamento “profano” con le bontà senza tempo del forno dei reduci.