«La ristrettezza dello spazio disponibile in chiesa per allestire un presepio tradizionale fece venire al parroco don Agostino Mastrangelo ed a un gruppo di giovani locali, quasi per gioco e senza pretese, l’idea di realizzarlo all’aperto con personaggi veri: era l’anno 1969». Così il professore Pietro Verratti racconta come, nella semplicità e nella povertà più estrema, nacque il presepe vivente di Sant’Eusanio del Sangro che tornerà a rivivere venerdì 30 dicembre, dalle ore 17.
Alcuni tubi presi in prestito da muratori locali, travi, canne e tanta paglia per realizzare la capanna, le grida minacciose del proprietario del terreno ogni volta che si sconfinava nel coltivato, l’asino irrequieto, la stella alla quale non si accendeva la coda, i Re Magi persi nel buio che arrivarono a conclusione della colonna sonora, dopo i ringraziamenti rivolti al pubblico. Fu una vera e propria disfatta. «Chiunque – racconta ancora Verratti -, dopo quell’esperienza, si sarebbe arreso, ma i giovani partecipanti si erano divertiti, gli spettatori convenuti dai dintorni avevano apprezzato la spontaneità, la semplicità e la povertà che tanto si addicevano all’oggetto della rappresentazione: c’erano, insomma le premesse per insistere e migliorare sulla scorta degli errori commessi per inesperienza».
Si è giunti così, pur con alcune interruzioni perlopiù dovute a condizioni meteorologiche avverse se non addirittura proibitive, alla 44esima edizione e intanto la sacra rievocazione si è arricchita di costumi, scene, mezzi tecnici, sicurezza interpretativa dei personaggi, di sincronismi nei movimenti e, soprattutto, di pubblico che addirittura la preferisce a quella notissima di Rivisondoli.
Infatti il presepe vivente di Sant’Eusanio del Sangro si svolge in uno scenario naturale incantevole, da metà degli anni ‘70 si è spostato più a monte rispetto al luogo originario, lungo la valle del torrente Checco. Un dolce contorno di colline mollemente digradanti verso la valle, dove è posta la capanna, e, dietro, il profilo severo e imponente della Majella, che si staglia nitido e imperioso. Anche le “tribune” sono funzionali: una strada di circonvallazione che si snoda a monte della capanna consente di accogliere un pubblico di diverse migliaia di persone, che può agevolmente gustare costumi, sottofondo musicale, didascalie e, soprattutto, il gioco di luci e le fiaccole che rivelano il procedere lento e cadenzato dei figuranti che si muovono dalle colline circostanti verso la capanna.
Alla conclusione delle scene che rievocano il mistero della Natività e dopo l’irrinunciabile discesa del pubblico alla capanna per porgere l’omaggio al Bambino, l’ultimo nato dell’anno in paese, c’è la sfilata di tutti i figuranti per il corso con benedizione finale dal sagrato della chiesa parrocchiale; negli ultimi anni gli organizzatori hanno anche riprodotto negli angoli più suggestivi del centro abitato scene di antichi mestieri ed allestito stand gastronomici per intrattenere piacevolmente i graditi ospiti.
«Il successo che cresce di anno in anno rinsalda l’entusiasmo dei partecipanti e ripaga gli organizzatori degli enormi sacrifici chiamati a sostenere. È bello notare – conclude il professor Verratti – come anche i non credenti vengano irresistibilmente trasportati dalla rappresentazione che infonde in tutti serena letizia. Sant’Eusanio del Sangro rivive in questa occasione attimi autentici di vita e di impegno che furono all’origine, oltre cinquant’anni fa, di questa meravigliosa esperienza».