Una delle opere d’arte più importanti e antiche mai rinvenute in terra frentana torna finalmente a far bella mostra di se nelle sale del Museo Archeologico Nazionale d’Abruzzo, ospitato nelle eleganti sale di Villa Frigerj a Chieti: stiamo parlando del cosiddetto Veiove di Atessa, una statuina che ha una storia davvero particolare. La scultura in bronzo raffigura un giovane stante, coperto dal solo mantello che scende dalla spalla e dall’avambraccio sinistro, sollevato a reggere una lancia o uno scettro non più conservati, mentre la mano destra stringeva un attributo che potrebbe essere stato un fulmine.
Proprio quest’ultimo attributo gli è valso l’attributo di Veiove, una divinità identificata con Giove fanciullo a carattere infero la cui venerazione rientra in un clima di culti indirizzati al passaggio nell’oltretomba ampiamente diffusi in età ellenistica. Lo straordinario reperto risalente al II – I sec. a.C. sarà visibile fino a giugno, ed andrà temporaneamente a riempie il vuoto lasciato dai reperti di una tomba infantile di Caporciano che fino a giugno saranno in mostra a Perugia nella mostra “La via Lattea. Maternità e infanzia dall’antichità alla collezione Bellucci”.
Straordinario fu il suo ritrovamento che avvenne in maniera del tutto causale: siamo nel settembre del 1977 e durante lavori di aratura, ai piedi del monte di S. Silvestro, a poche centinaia di metri a linea d’aria dalla chiesa di S. Vincenzo Ferrer ad Atessa, fu ritrovata una statuetta in bronzo, alta circa 32 cm, raffigurante questo Veiove, considerata per i romani un’immagine di un Giove giovanile, il cui culto come dicevamo era infero, perchè legato a sorgenti d’acqua, pioggia e tempesta.
La statuetta è di pregevole fattura e sicuramente proveniente dall’area della Magna Grecia. Dopo il suo ritrovamento, la Soprintendenza Archeologica d’Abruzzo, iniziò una campagna di scavi che portarono al rinvenimento di un’area cultuale del II – I secolo, composta da un piccolo tempio pagano italico con un muro di recinzione, insieme ad una gran quantità di reperti, tra cui l’ara del tempio e una testa di cavallo in argilla. Diversamente dagli altri, questo tempio si trovava in pianura, costruito con precisione e regolarità, e doveva avere una certa importanza per gli abitanti del luogo e per i pastori di passaggio nel tratturo L’Aquila-Foggia. Il Veiove è forse una testimonianza di un’antica civiltà agro-pastorale che però commerciava ed aveva rapporti, anche culturali con la fiorenti colonie greche dell’Italia Meridionale.
In merito al ritrovamento della statuetta del VEIOVE, è stato mio padre Iacobitti Luzio che stava eseguendo i lavori. Lui non poteva immaginare mai che aveva in mano un pezzo di così alto valore.
Ovviamente si è consultato subito con l’allora parroco Don Luciano Cicchitti…..e poi tutto è partito