«Spargere la speranza è la nostra missione», don Pozza tra educazione e fede

E’ iniziato con questa semplice, ma significativa frase (presa in prestito dal motto della Polizia Penitenziaria) l’incontro tenutosi ieri, venerdì 1 dicembre, con don Marco Pozza, teologo e parroco del carcere “Due Palazzi” di Padova ospite a Lanciano dell’incontro organizzato dall’associazione culturale “Uomo: Patrimonio da salvare”, in collaborazione con la Cappellania Scolastica Diocesana e la Libreria Regina Pacis. Don Marco può essere definito senza ombra di dubbio il prete più anticonformista d’Italia, caratteristica questa che spicca non solo dal suo abbigliamento “borghese” ma anche dalla parlantina sciolta ed accattivante con cui, fin dalle prime battute, ha catturato l’attenzione e la simpatia delle tante persone giunte nella sala convegni del Miracolo Eucaristico per ascoltarlo. Educazione e maleducazione sono stati solo alcuni degli argomenti trattati dal giovane religioso veneto, che da bambino a “causa” (o forse per merito) di Don Beppe, curato del suo piccolo paesino natio, incastonato sull’altopiano di Asiago, decise poi d’imitarlo e di diventare come lui un sacerdote.

A Chiaro Quotidiano, don Marco ha parlato a 360 gradi della sua vita, del suo impegno quotidiano nelle carceri ed anche del suo ultimo libro edito dalla Rizzoli ed intitolato “Chi dorme non piglia Cristo”. «Il titolo che ho voluto dare all’incontro di oggi – afferma don Marco – è strettamente connesso a quello che faccio in carcere, il luogo in cui anche la Costituzione Italiana ci dice che dobbiamo ri-educare una persona che apparentemente è stata maleducata. Ma che senso ha rieducare qualcuno che una volta scontata la sua pena, torna dentro una società che è maleducata? Educazione e maleducazione fanno a “pugni”: io – afferma Pozza – non so da cosa può dipendere questa maleducazione, ma so che la sfida che spetta ad ogni educatore (prete o docente che esso sia) è quella di scommettere sull’uomo. Vivendo la casa circondariale mi sono reso conto che non esista un sistema unico per tutti, non parliamo di un vestito di moda che va bene per tutti, ma di un qualcosa che va cucito e personalizzato per ogni persona. Questa – sottolinea ancora don Marco – è per noi una sfida ma anche un modo per dare speranza e futuro alle persone: se riusciamo a rimettere in piedi delle esistenze maleducate dietro le sbarre, significa che noi quella sfida la potremmo vincere anche fuori».

Ma secondo don Marco, la maleducazione che c’è nella vita reale è ugualmente pericolosa, perchè fatta non di gesti ma di parole, parole che spesso vengono utilizzate per giudizi e sentenze, spesso sommarie, magari prese in prestito dal giornalista di turno ed usate con la pretesa di conoscere ciò che accade dentro e fuori la vita delle altre persone. Può essere quindi maleducata la Chiesa, quando giudica irregolari certe cose senza capirne il percorso, può esserlo la società quando crede che un errore sia irrecuperabile, e diventiamo maleducati noi stessi quando per sentito dire, parliamo male dei detenuti senza aver avuto il coraggio di incontrarli. «Incontrare, parlare e confrontarsi con chi ha sbagliato – afferma don Marco – potrebbe essere interessante e formativo, perchè magari un giorno a compiere quel suo stesso sbaglio potrei esserci io». L’ultimo libro di don Marco Pozza è intitolato “Chi dorme non piglia Cristo”, una frase che fa sì pensare al passo evangelico in cui Gesù dopo aver pregato nel Getsemani, rimprovera i suoi apostoli di essersi appisolati, ma è anche una rilettura del celebre proverbio “Chi dorme non piglia pesci”, «io penso – conclude don Pozza – che il Cristianesimo non sia un’imposizione ma una proposta e come tutte le proposte vive della grammatica delle occasioni: non c’è cosa peggiore, non di non aver mai avuto un’occasione, ma di avercela avuta e non aver saputo coglierla. Cristo non è uno che sfonda le porte ma è uno che invece bussa e se io non apro quella porta rimane chiusa».

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