«È il momento del coraggio, degli investimenti e del rilancio per la Honda. Non farlo significa non avere una visione a lungo raggio e non voler scommettere su uno stabilimento che ha dato tanto a questo marchio e al territorio abruzzese». A dirlo è il segretario della Uilm Chieti-Pescara, Nicola Manzi, che sirivolge direttamente alla casa madre giapponese in un momento storico ed economico molto delicato per il settore automotive, alle prese con il cambiamento epocale della transizione energetica e i drammatici contraccolpi causati dalla pandemia e dalla guerra in Ucraina, ma che vede tuttavia lo stabilimento di Honda reggere agli scossoni del mercato e ingranare la marcia per l’arrivo di nuovi modelli e nuove sfide già da questa primavera.
«Diventa quindi sempre più urgente affrontare la questione dell’indotto – ribadisce Manzi che torna su un tema caro da sempre alla Uilm – visto che Honda in Val di Sangro poteva contare su una serie di micro e medio aziende che assicuravano allo stabilimento una fornitura costante, il cui numero è stato fortemente ridimensionato. Rifornirsi dai paesi dell’est asiatico – prosegue il segretario generale Uilm – significa non solo tempi più lunghi e difficoltà maggiori di trasporto, ma anche costi maggiori per l’azienda. È questo il momento di ragionare seriamente sul ritorno di un indotto a km zero: abbiamo gli spazi, i capannoni, le competenze, la professionalità e il know-how per farlo».
Manzi si riferisce alle scelte che la Honda seppe portare avanti con coraggio assieme ai dirigenti abruzzesi nel decennio 1990-2000, quando le piccole realtà artigiane presenti sul territorio vennero trasformate in imprese ben strutturate. Nel 1992 grazie alla lungimiranza della casa nipponica, nacque in Val di Sangro il Cisi, consorzio di imprese subforniture Italia, che metteva insieme realtà diverse, ma integrate fra loro e che avevano in comune un altissimo livello tecnologico e l’obiettivo di lavorare per una grande realtà motoristica mondiale. «Di quella realtà – commenta amaramente Manzi – non è rimasto più nulla, ma si può e si deve ripartire. Ne beneficia l’azienda in termini di costi e di tempi e il territorio che vedrebbe risorta una filiera virtuosa e il ritorno di tante professionalità di eccellenza. Abbiamo tanti giovani pronti alla sfida, basta crederci».
Già dal 2021 era stata avvertita l’urgenza di un ritorno all’indotto a km zero. «Durante il primo lockdown lo stabilimento abruzzese aveva dovuto soccombere a una decisione del management giapponese presa a livello mondiale. E a causa dell’impossibilità di rifornimento e del blocco dei trasporti e degli interporti molti concessionari e magazzini sono rimasti pieni e i prodotti invenduti. Uno scenario – conclude Manzi – che Honda Italia avrebbe potuto evitare se fosse stata, così come in passato, quasi autosufficiente dal punto di vista della sub fornitura».