Ombrina, il Governo ricorre contro la multa da 190 milioni

Lo Stato italiano, lo scorso 28 ottobre, ha presentato il ricorso contro la decisione dell’arbitrato internazionale che ad agosto ha condannato l’Italia a pagare 190 milioni di euro più interessi alla società Rockhopper per aver fermato il progetto petrolifero Ombrina in Adriatico. A darne notizia è comunicato della stessa società petrolifera. Nella circostanza era stato applicato il Trattato sulla Carta dell’Energia.

Il ricorso è stato presentato sulla base dell’art.52 del trattato che istituisce il Centro internazionale per il regolamento delle controversie relative ad investimenti. La vicenda, però, spaventa gli altri Stati che temono di dover pagare centinaia di milioni di euro, così Olanda e Francia hanno annunciato l’uscita dal Trattato della Carta dell’Energia. È stato lo stesso presidente francese Macron a prendere posizione esprimendo preoccupazione per l’impatto di tali arbitrati internazionali promossi dalle multinazionali rispetto agli sforzi della comunità internazionale per contrastare la crisi climatica e abbandonare le fossili.

Su questo tema interviene Augusto De Sanctis del Forum H2O: «L’Italia è uscita dal trattato cinque anni fa non appena è arrivato il ricorso di Rockhopper su Ombrina, solo che il Trattato agisce per decenni anche dopo l’abbandono da parte di uno Stato. Per questo tanti scienziati, centri di ricerca e Ong internazionali hanno espresso preoccupazione sull’impatto del Trattato della Carta dell’Energia e dei suoi oscuri arbitrati sulle politiche energetiche volte ad abbandonare le fossili. Le multinazionali portano gli stati davanti agli arbitri che condannano i governi che democraticamente aderiscono alle decisioni sul taglio delle emissioni inquinanti. Ombrina non era un progetto autorizzato definitivamente quando il Parlamento italiano ha introdotto il divieto generale di perforazione entro le 12 miglia, norma che appunto vale per tutte le aziende e non solo per Rockhopper. Quindi l’arbitrato ha incredibilmente condannato lo Stato, al di fuori dei tribunali dove si possono rivolgere i comuni cittadini e delle relative regole di trasparenza, per profitti solo ipotetici. Certo è singolare che veniamo a conoscenza del nuovo ricorso del nostro governo direttamente dalla multinazionale. Quanto sta accadendo a livello internazionale evidenzia il provincialismo che ha connotato gran parte del dibattito che in Italia ha seguito la condanna del nostro Paese, in cui il problema era chi si era opposto a un progetto fossile pericoloso per il clima e non i contenuti di un trattato delirante firmato dal Governo Berlusconi. Gli ambientalisti come al solito hanno fatto emergere le gravissime conseguenze di questo trattato che limitando la sovranità dei Paesi a favore delle multinazionali petrolifere rischia di portarci al collasso climatico alla faccia dell’interesse pubblico».

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