Una sgangherata squadra di montanari, contadini e pastori che seppur con i suoi tanti limiti riesce ad arrivare fino alla finalissima di un fantomatico torneo dove contenderà la vittori ad uno dei club più antichi e blasonati d’Italia: è questo in pochissime battute l’argomento di fondo su cui si muove la trama di “Imbranati, Maldestri e Zoppi” l’ultimo romanzo dello scrittore frentano Umberto Nasuti, edito dalle edizioni Il Viandante. Non è la prima volta che Umberto, architetto ed insegnante di professione si cimenta con la letteratura visto che in passato aveva già dato alle stampe “La Fontana di Longino”, “Le Acque a Sant’Egidio” ed “Il Patriota Giardiniere” solo per citare alcune delle sue fatiche editoriali. Questa volta Nasuti si cimenta con lo sport e con quel romantico calcio dilettantistico e di provincia che gli è sempre rimasto nel cuore: «da ragazzo ho giocato per diversi anni a calcio ed i pochi soldi che guadagnavo mi aiutavano per mantenermi agli studi – afferma Umberto a Chiaro Quotidiano. Tanti anni dopo insieme ad un gruppo di amici come Pio Fiore Di Vincenzo, mister Antonio Bucci ed a Remo Rapino (sì proprio lui il vincitore del Campiello 2020) ci siamo ritrovati con la squadra del Bar Costarica a condividere insieme le avventure sui polverosi e spesso rabberciati campetti di periferia e – sottolinea ridendo – anche se le doti tecniche non erano alte, sapevo comunque farmi valere con altre qualità».
Le stesse qualità che da abruzzesi duri, tosti “forti e gentili” permettono a questo rimediato e colorato team di imbranati e maldestri appunto di attirare l’interesse dei media. Nel libro si parla infatti di Giovanni Berti, affermato giornalista sportivo d’origine abruzzese, che riceve dalla testata per cui lavora, l’incarico di seguire la finale tra queste due squadre così diverse: «per Berti – afferma Nasuti – che inizialmente non ne voleva sapere di tornare, seppur momentaneamente nella sua regione – il rientro in Abruzzo si trasforma in una riscoperta delle sue radici che forse aveva troppo in fretta dimenticato: questa strana storia di calcio – sottolinea ancora Nasuti – è stato per me solo il pretesto per parlare e cercare di valorizzare la mia terra. Ad ispirarmi è stato il paesino di Quadri dove esiste veramente un piccolo e malmesso campetto che a causa della sua posizione esposta in cima ad una collina, soprattutto nei mesi invernali è esposto al vento, al freddo alla neve e ad ogni tipo d’intemperie».
Su questo inedito “fortino” questa piccola “armata Brancaleone” data alla vigilia come spacciata, riesce invece ad imbrigliare i può quotati avversari chiudendo la gara con un pareggio in attesa della finale di ritorno in quel di Roma. «Inizialmente – ci confida lo scrittore – avevo immaginato questa storia per uno spettacolo teatrale ma poi per vari motivi ho scelto di farne un romanzo che grazie all’interesse della casa editrice è diventato poi realtà. Ho cercato di dividere il testo in undici capitoletti, ognuno dei quali dedicato ad ogni giocatore che, attraverso le chiacchierate con il giornalista Berti, racconta un po’ di sé stesso e della propria vita». La scelta di Quadri non è causale, anzi ci parla di un’altra delle grandi passioni di Umberto quella per la storia ed in particolare per le vicende che durante la Seconda Guerra Mondiale hanno interessato questo angolo d’Abruzzo. Sul fiume Sangro, a metà tra l’Abruzzo e il Molise, sorgeva infatti la cosiddetta Linea Gustav, che lungo il tracciato del fiume Sangro, divideva le truppe Anglo-Americane da quella Naziste.
Nei capitoli e nei profili dei giocatori (che richiamano volontariamente personaggi e volti noti di Lanciano come ad esempio Giannetto il Carrozziere) emergono ricordi di storia e pezzi di vita vissuta. scopriamo che tra questi improbabili calciatori, c’è un figlio di un membro della Brigata Majella, quello di uno scampato alla tragedia di Marcinelle in Belgio, ed anche la combattuta vicenda di un ragazzo diviso tra la memoria del padre fascista e dello zio partigiano: a dimostrazione di come spesso il destino riesca a dividere e mettere di fronte quello che la natura aveva invece unito. Il finale di questa piccola grande storia lo lasciamo nelle pagine del libro ed al lettore che vorrà sfogliarle: «Imbranati, Maldestri e Zoppi – sottolinea ancora Nasuti – è un libro sullo sport, che parla di un calcio romantico che forse non esiste più ma al tempo stesso vuole essere un piccolo manifesto del nostro Abruzzo, della sua storia e anche di quelle qualità come la tenacia, la durezza e la forza di volontà che ci contraddistinguono e che come accade anche al protagonista Berti, non ci abbandonano mai, anzi ci attirano sempre verso di lei anche e soprattutto se viviamo lontano dai suoi monti e dalle sue valli».
Remo Rapino che di questo calcio d’altri tempi è cultore e cantore scrive così nella nota introduttiva al libro di Nasuti: «Qualche anno fa un giornalista chiese alla teologa tedesca Dorothee Solle: “Come spiegherebbe a un bambino che cosa è la felicità?” “Non glielo spiegherei -rispose – gli darei un pallone per farlo giocare”. Una risposta che racchiude la vera essenza del calcio. Sarà bello un giorno, quando il bambino sarà cresciuto, dargli, insieme al pallone, questo libro di Umberto Nasuti, perché continui, leggendo, a rincorrere le sue piccole felicità. L’autore gioca con le parole e le parole giocano con lui, disegnando una mappa adeguata per i cacciatori di storie. Giovanni Berti, molto probabilmente, sognava, da bambino, di diventare un grande calciatore, mentre, come dice di sé, con ironia e rimpianto, il grande scrittore Eduardo Galeano era il peggior scarpone mai comparso sui campetti del suo Paese. La passione, in Galeano e Berti, ma direi, sicuramente, anche in Umberto, però è rimasta intatta: non potendola esprimere con i piedi, si sono rassegnati a farlo con la penna. E, al 90° mi sembra che il tiro sia ben riuscito, la sfera di cuoio vola. Sulla linea di porta il portiere compratore esitante si prepara, a sua volta, ad entrare in gioco. La curva, tutta in piedi, già grida, fino alle più alte nuvole: Gooòl! L’Araba Fenice è risorta ancora”.