L’Aquila, operazione contro le “baby gang”: misure cautelari per 13 giovanissimi

Maxi operazione contro le baby gang stamattina all’Aquila. I carabinieri del Nor del Comando provinciale e gli agenti della Squadra mobile della Questura del capoluogo abruzzese hanno eseguito 13 misure cautelari disposte dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale per i Minorenni su richiesta della Procura della Repubblica.

Le 13 misure si suddividono in 6 custodie cautelari in carcere e 7 collocamenti in comunità. Queste arrivano al culmine dell’indagine che ha riguardato oltre 30 indagati minorenni e neomaggiorenni accusati di reati gravi come atti persecutori, violenze, estorsioni, detenzione e cessione di sostanze stupefacenti, risse che hanno coinvolto il territorio aquilano negli ultimi mesi. Gli episodi hanno destato particolare clamore pubblico essendosi verificatisi all’interno del centro storico.

L’indagine è stata portata avanti dalle forze dell’ordine anche con l’uso di intercettazioni e riprese video che hanno consentito di far luce su uno spaccato estremamente allarmante e di ostacolare un percorso criminale in evoluzione. Il quadro che ne è venuto fuori ha evidenziato la necessità dell’intervento repressivo che «rappresenta il primo tassello di una imprescindibile azione preventiva, nonché di riabilitazione dei minori coinvolti».

La conferenza stampa tenuta dalle forze dell’ordine

I giovani arrestati sono accusati di aver promosso e condotto attività per instaurare forme di predominio su altri coetanei, il controllo di porzioni di aree urbane, di smercio professionale di sostanze stupefacenti nelle vicinanze delle scuole e di scontro con altri gruppi antagonisti di minori.

«La nazionalità degli indagati – spiegano le forze dell’ordine – è varia (Paesi balcanici, nordafricani e Italia) a conferma che il disagio e la devianza minorile non hanno necessariamente una specifica origine geografica. A soggetti ospitati all’interno di comunità di accoglienza (sfuggevoli alle regole comunitarie) si affiancano cittadini italiani o comunque residenti con le famiglie di appartenenza. Anche se l’azione repressiva di magistratura e forze dell’ordine è stata puntuale ed esaustiva, trattandosi di minori e neomaggiorenni si impone un forte richiamo all’esigenza di lavorare insieme agli enti preposti e alla società civile per creare le condizioni di aiuto e prevenzione delle forme di disagio che generano questi fenomeni criminali, riguardino essi minori italiani, stranieri o stranieri non accompagnati. La repressione è intervenuta per evitare conseguenze estreme e più gravi, ma l’obiettivo primario deve tendere al reinserimento dei giovani nel circuito sano della società. Alla eventuale sanzione deve affiancarsi la riabilitazione, come traguardo finale, per il benessere del minore e di conseguenza dell’intera comunità civile».

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