I Tesorone: una famiglia lancianese con la passione per il collezionismo

Si terrà sabato 3 settembre a partire dalle ore 18 nella sala “Benito Lanci” dell’ex casa di Conversazione la presentazione del volume “Cucita addosso: la collezione Tesorone, un secolo di collezionismo borghese”: il libro è frutto delle ricerche dell’autrice Nadia Barrella docente di Museologia all’Università della Campania “Luigi Vanvitelli” che attraverso una rigorosa ricerca storica fatta di documenti d’archivio, foto d’epoca e giornali, ricostruisce la storia ed il grande amore per il collezionismo e le arti applicate della famiglia Tesorone: borghesi si origine lancianese trapiantati poi a Napoli. Il testo edito dalla Luciano Editore, ripercorre un’epoca ormai passata ma anche una città la vita e la cultura del XIX secolo. Alla presentazione parteciperanno oltre al sindaco Filippo Paolini e all’assessore alla Cultura, Danilo Ranieri, lo storico dell’arte frentano, Franco Maria Battistella e l’ex soprintendente e direttrice del Museo Nazionale d’Abruzzo di L’Aquila, Lucia Arbace.

Tra i protagonisti del libro ci sono un padre e un figlio (Pasquale e Giovanni Tesorone) le cui vite ed interessi sono per la prima volta letti attraverso scelte, avventure intellettuali e “politiche” che, seppur necessariamente diverse, solo ora si possono riconoscere come, tuttavia, strettamente correlate, in un contesto, peraltro, di statura internazionale. Paradossalmente l’autrice ci fa entrare, pagina dopo pagina, in una collezione che oggi purtroppo non c’è più (ma che tuttavia c’è stata), partendo significativamente dalla ricostruzione del contesto familiare, lavorativo e culturale da cui la collezione di Pasquale e poi Giovanni Tesorone si è alimentata: un “laboratorio domestico” che, con l’incremento delle sue componenti, sfonda mano a mano le pareti cambiando di sede, ricoverandosi nelle esposizioni, prefigurando nuovi modelli di sviluppo
delle arti e dei loro fruitori, un laboratorio che da privato si fa “pubblico” come una sorta di manifesto, meridionale (seppur informato alle più avanzate istanze socio-culturali dell’epoca in merito alla rivalutazione delle arti come strumento di progresso). Che Pasquale Tesorone avesse fatto crescere la sua collezione artistica partendo dall’attività di sarto (dedito al decoro e all’ ornamento della persona, appunto), nell’epoca precedente alle vicende cui si è fatto cenno, non può che convincerci, dunque, quanto sia stato proprio dal mondo dell’imprenditoria – per quanto agli albori nella Napoli preunitaria – che si sia fatto strada un consapevole collezionismo d’arte di ampio respiro che comprendeva pittura, scultura, ceramica e molto altro.

Pasquale, dunque, “facoltoso collezionista di generi di moda” – come ricorda Nadia Barrella – lo vediamo passare da “sartore” a proprietario di un ricco emporium fornitore della stessa famiglia reale e, soprattutto, sin dagli anni ‘30 dell’800, impegnato a mettere insieme una collezione ampia e significativa sia di arti applicate che di dipinti e disegni contemporanei. Un uomo colto e “mosso da notevole capacità di giudizio”, quindi, di cui è interessante apprendere la decisione nelle scelte e l’adesione ad un linguaggio artistico antiaccademico aperto alla sperimentazione all’innovazione che apprese e coltivò – come sostiene l’autrice – anche a seguito delle spinte provenienti dalla cerchia di artisti che frequentavano la sua casa come i Palizzi, i Morelli, e i Toma che “sia pure con sfumature diverse, sono tra i più vivaci sostenitori di un nuovo ruolo dell’artista nella società e di nuovi percorsi di formazione dello stesso”.


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