Si chiama “Patate Bollenti” (e no, non ha niente a che vedere con la gastronomia o con facili doppi sensi) il collettivo transfemminista nato a Vasto, che si propone come “punto di riferimento” sul territorio per affrontare le tematiche più scottanti (da qui anche il nome del progetto). Collettivo pronto a presentarsi alla città con un evento che, il 5 e 6 agosto, darà spazio a tematiche spesso evitate per paura o pregiudizio: discriminazioni di genere e razziali, bullismo, abilismo, grassofobia. Un progetto e un festival che guardano al femminismo intersezionale la cui prerogativa, dicono le attiviste, «è proprio questa: dare visibilità a quelli che sono invisibili, a tutto ciò che viene messo all’angolino perché è difficile da mandare giù, perché non si sa come trattare». Abbiamo parlato del collettivo “Patate Bollenti” con Valentina, Giorgia, Jennifer e Martina, quattro delle esponenti del gruppo.
«Il progetto è nato quest’inverno quando noi ragazze di Vasto ci siamo riunite, e abbiamo constatato la necessità di formare un gruppo che si occupasse dei temi che ruotano attorno al transfemminismo – spiegano -. Il nostro è un approccio femminista che guarda però anche ad altre discriminazioni in senso più globale, quindi non solo le discriminazioni di genere ma anche, ad esempio, bullismo e discriminazioni razziali, fornendo uno sguardo un po’ più ampio e inclusivo. Il gruppo si è formato perché noi, da vastesi che non vivono più a Vasto ma che comunque la continuano a frequentare, sentiamo un legame con il luogo e vorremmo capire qual è l’attenzione che la città da a questi temi e, se non c’è, riempire quello che percepiamo come una mancanza. Vorremmo dar vita ad una piazza che si interessi a questi temi e a questi diritti».
Perché avete scelto il nome Patate Bollenti? «Perché è un nome divertente, che resta impresso. Ma, soprattutto, è un nome che da l’idea dei temi scottanti che trattiamo, quelli che vengono “evitati” e magari non inseriti all’interno di un’agenda politica. Volevamo rendere l’idea di afferrare qualcosa di scottante, come una patata bollente appunto, che è difficile da maneggiare. E, proprio come si fa con una patata bollente, vogliamo passare questi temi ad altre persone, per metterle davanti alla responsabilità di affrontare questi argomenti, che scottano e che sono difficili da trattare ma che necessitano di essere attenzionati, specie in un ambiente dove c’è una certa chiusura mentale su determinati problemi. Pensiamo che ci voglia un punto di riferimento per chi vuole avvicinarsi a queste tematiche per capirle o perché le sente vicine, ad esempio, i membri della comunità LGBTQ+ che qui in zona non sanno a chi rivolgersi, a chi fare riferimento».
Vi state preparando al primo Festival Patate Bollenti. Cosa rappresenta per voi questo appuntamento con la città? «Questo festival per noi è un punto di partenza – affermano – perché è la prima volta che ci approcciamo a un progetto così grande ed è la nostra prima apparizione concreta fuori dai social. Il lavoro che abbiamo fatto in questi mesi è stato di comunicazione e di condivisione “virtuale”, ma non abbiamo mai realizzato qualcosa in una piazza, con un pubblico. Il festival sarà la base di ciò che realizzeremo in futuro: la risposta della cittadinanza sarà il metro che ci permetterà di programmare i prossimi eventi. Di idee ne abbiamo tante, ci piacerebbe allargare lo spettro di temi che tratteremo rispetto a quelli di cui si parlerà in questo festival che sono piuttosto ridotti per ragioni di tempo, spazi e disponibilità degli ospiti. Nei prossimi incontri ci piacerebbe trattare nuovi argomenti, magari coinvolgendo ospiti con un seguito importante in modo da allargare anche la territorialità dell’evento. Un’altra cosa che vorremmo realizzare – aggiungono – è un progetto nelle scuole di Vasto e dintorni. Speriamo che il Festival possa essere un biglietto da visita per farci conoscere anche nel mondo scolastico in modo da essere coinvolte. Vorremmo parlare con i ragazzi proprio per sensibilizzare su alcuni temi come, ad esempio, la denuncia di atti di violenza o discriminatori che molto spesso non viene fatta per paura di essere giudicati e percepiti come “colpevoli” della violenza stessa. Pensiamo che sia molto più facile trovare una risposta da parte della platea di ragazzi adesso rispetto agli anni scorsi, quando di questi temi si parlava poco».
Di cosa si parlerà durante il Festival “Patate Bollenti”? «Tra gli argomenti più “scottanti” ci saranno l’aborto, con l’intervento di Libera di Abortire, campagna istituzionale per sensibilizzare sul tema e per normalizzare l’esperienza dell’aborto o perlomeno riconoscere la libertà decisionale di ogni donna, senza dover vivere nello stigma; l’abilismo, tema che sarà affrontato dalle Witty Wheels e che – dicono le attiviste – ci ha fatto comprendere anche le difficoltà dei luoghi ad accogliere le persone con disabilità. Parleremo di violenza di genere, tema che verrà affrontato con DonnexStrada e con il centro Donnattiva, lavorando quindi con una realtà del luogo, e di grassofobia con un’attivista queer che parteciperà ad un talk in cui si parlerà di canoni estetici e della normalizzazione di qualsiasi tipo di corpo, non solo di quelli “conformi” secondo la società. Sono tutti temi su cui pensiamo sia importante fare campagne di sensibilizzazione anche con le vecchie generazioni, perché tra loro e le nuove, si rischiano di incontrare molti attriti e stereotipi. Per quanto sensibilizziamo gli adolescenti e i bambini, si troveranno sempre davanti a un muro di incomprensione rappresentato dalle generazioni precedenti». E, parlando di violenza di genere, aggiungono, «molto spesso soprattutto le persone, soprattutto quelle più anziane, avvertono un sentimento di paura per i loro nipoti e/o figli perché li percepiscono sempre in pericolo a causa degli atteggiamenti discriminatori della società. A volte, quando si parla di identità sessuale, non si riesce ad essere sinceri con sé stessi proprio perché ci si trova in difficoltà nel dirlo agli altri, c’è tanta pressione da parte di chi ti sta vicino. Soprattutto le piccole realtà non ti portano ad essere libero».
Spazio anche per una mostra, curata da 5 artisti, dal titolo “S/confini, margini in fase di distruzione” il cui tema è appunto «uno sconfinare, un andare oltre quello che può essere l’opinione personale o il “canone”. Abbiamo ripreso alcuni dei temi – affermano – che verranno trattati nei talk e abbiamo lavorato sul testo dell’esposizione in maniera collettiva: ognuno e ognuna di noi ha inserito delle frasi e dei pensieri che sono stati poi elaborati in una cosa sola. È stato bello rivedersi nei pensieri degli altri, nei quali abbiamo scoperto di ritrovarci anche se in maniera differente». Nella due giorni anche un laboratorio didattico e ludico per bambini, a cura di Filippo Giancola e Simona Pellicciotta, che «proporrà letture per stimolare all’ascolto e all’accettazione dell’altro, e sarà anche un modo per includere i bambini perché se si parte dall’educazione si evita di costruire dei preconcetti che non sarà necessario eliminare». Nell’altro laboratorio, rivolto agli adulti, saranno affrontati i temi proposti dal movimento antispecista. Le due serate si concluderanno in musica, il 5 agosto, con il duo di Pescara, “bSERA” e con Miriana Faieta, artista jazz pescarese, dalle sonorità del folk abruzzese, che affronta tematiche legate al territorio. Il 6 agosto, spazio per DjMadre e Santacremina.
Un Festival che, come sottolinea il collettivo stesso, non si rivolge solo alle donne. «Il nostro è un collettivo misto, aperto a chiunque si voglia iscrivere, uomini e donne». Ed è proprio agli uomini che le “Patate bollenti” rivolgono un “appello”: «Pensiamo che se gli uomini venissero al nostro Festival troverebbero delle risposte anche per sé, perché la chiave femminista con cui leggere i propri rapporti e la propria vita può essere d’aiuto per emanciparsi anche per gli uomini, spesso costretti a vivere degli stigmi, come ad esempio quello dell’uomo “forte” che non può piangere. Spesso il femminismo viene percepito negativamente e viene visto ancora come un movimento di donne che odiano gli uomini. Ma non è così: il femminismo è per la parità».
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