«L’ha detto Venditti». La voce di Lanciano nel ricordo di Mario Giancristofaro

“L’ha detto Venditti”, così ogni discussione finiva, non c’era più niente da mettere in dubbio, era come apporre l’imprimatur di una corte suprema. Che si trattasse di un lancio pubblicitario, oppure di un avviso del Comune, di una conferenza convocata all’ultimo istante, dell’arrivo a sorpresa di un qualche personaggio importante, e di tanto altro. E l’annuncio di Venditti, Lucio Venditti, con voce in presenza o registrata, diffusa dagli altoparlanti, fissi oppure installati su una macchina che girava per la città, veniva accolta e data per buona da tutti. Nei giorni difficili della pandemia, la macchina che lanciava la sua voce che invitava a “restare a casa”, valeva più dell’ordinanza del sindaco.   

Lucio Venditti

E l’altra informazione, dai giornali cartacei di un tempo fino ai social di oggi, finivano in soffitta. Era come quando Roma risolveva le diatribe tra i paesi sottomessi. Non c’era partita, valeva solo la parola di Roma.

Caro Lucio, proprio questo è il ricordo più limpido che ho di te. Tanto che se dovessi darti un attestato, ti darei quello di “giornalista”. Oddio, non è che la professione del giornalista, oggi, sia in cima ai consensi popolari, ma per te è diverso, tu sei stato un giornalista ante litteram, di quelli autentici, delle verità indiscusse. Insomma, Lucio siamo stati colleghi, e mi batteresti pure per anzianità di servizio, non solo per la veridicità delle notizie. 

E ricorderai che a pochi metri dal tuo negozio di corso Trento e Trieste, in via Dalmazia, c’era la piccola redazione del Messaggero, dove ho mosso i primi passi come cronista col professor Emiliano Giancristofaro, un altro grande che ci ha abbandonato quest’anno. Così quando avevo delle difficoltà nel riannodare le fila di certi avvenimenti di cronaca, venivo proprio da te, che conoscevi davvero tutti, a chiedere lumi, beneficiando della tua innata disponibilità. Bei tempi, Lucio!      

Adesso tu ci hai fatto il brutto scherzo di spegnere quella voce. Una voce sicura, signorile e rassicurante attraverso cui si è dipanata la storia della nostra città, nei suoi avvenimenti grandi e piccoli. Certo, Venditti resta, tuo figlio Angelo è bravissimo nell’assicurare la continuità ma, per la mia generazione, Lucio resta Lucio.

E poi, caro Lucio, quel tuo negozio all’angolo pregiato tra corso Trento e Trieste e viale delle Rose! Un negozio di strumenti musicali, che faceva leva sulla tua passione per la musica e per l’arte, ma che in realtà era un autentico emporio, dove bambini, ragazzi, e non solo, trovavano tutto ciò che altrove era pressoché introvabile del settore elettrico-musicale: dai pezzi pregiati ai pezzi rari, conservati con cura e delicatezza. E lì, sotto l’amorevole cura della tua infaticabile Antonietta, sono cresciuti i tuoi splendidi figli Angelo e Valeria. Ed era anche un luogo di riferimento l’angolo del tuo negozio, prima che arrivassero i telefonini. “Ci vediamo davanti a Venditti”, era lo slogan più gettonato.

Mario Giancristofaro

Anch’io venivo nel tuo negozio. Ed erano lunghe chiacchierate, sull’arte, sulla musica, sui problemi della città. Da quando la malattia, contro cui hai lottato con tanta forza, ti ha allontanato dal negozio, tutto questo ci è mancato. Ora la tua voce si è spenta del tutto: la città continuerà ad essere raccontata, ma non sarà più la stessa cosa e, soprattutto, saremo tutti più poveri di idee e di progetti. Buon viaggio, Lucio.

Mario Giancristofaro

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