Allergico ai vaccini, con tanto di cerfificato medico della Asl, è considerato un no vax dalla stessa azienda sanitaria, che gli sospende lo stipendio. È il problema che sta vivendo Marco Costantini, 56 anni, tecnico radiologo dell’ospedale di Vasto. Succede da gennaio. Ora, in gravi difficoltà economiche, contatta Chiaro Quotidiano per raccontare i guai che sta passando ormai da cinque mesi.
IL RACCONTO – «Ad aprile del 2021 ricevo la prima dose di vaccino. Mi vieve somministrata in ospedale perché sono allergico ai vaccini, quindi vengo tenuto sotto controllo. Dopo essere uscito, inizio ad avere macchie pruriginose sulle braccia, poi su tutto il corpo, tant’è che mi viene prescritta una cura al cortisone per venti giorni. Quando, a fine aprile, vado a sottopormi alla seconda dose, i medici vaccinatori mi dicono di aspettare perché ho ancora delle macchie. Per due volte vado regolarmente a sottopormi al booster, ma in entrambi i casi i medici vaccinatori mi ripetono di attendere, proprio per via dell’allergia. Poi a settembre il governo introduce l’obbligo per i lavoratori di sottoporsi almeno al tampone ogni 48 ore, obbligo che ho sempre rispettato. Il 15 dicembre, con l’introduzione del Super green pass, iniziano per me i problemi. A quel punto, dal 14 di quel mese, usufruisco di quattro giorni di ferie, sette di malattia, prima delle ferie natalizie programmate. Mi rivolgo al medico curante, che mi rilascia un certificato di vaccinazione differita, in modo da consentirmi una visita allergologica all’ospedale di Chieti».
«Nessuno si è preoccupato di guardare i certificati medici»
«Dal 3 al 5 gennaio – prosegue Marco – lavoro regolarmente. Il 7 mi bloccano all’ingresso, dove mi dicono che il certificato medico non basta, ma serve una certificazione rilasciata dal centro vaccinale. A quel punto, prendo tre giorni di ferie fino a lunedì mattina quando, alla riapertura del centro vaccinale, ottengo il certificato di differimento della seconda dose fino al 31 gennaio. Continuo a sottopormi, a mie spese, a tamponi ogni 48 ore. Il 12 gennaio risulto positivo al Covid-19. Ho pochi sintomi, mi curo a casa, ma la positività al virus si protrae per un mese e sette giorni. Pur avendo un certificato medico per malattia, mi vedo recapitare a gennaio una busta paga da 54 euro netti. Il 26 gennaio la Asl comunica all’Ordine professionale dei tecnici radiologi di avermi sospeso: per l’azienda sanitaria sono un no vax. Sospensione ingiusta che, semmai, sarebbe stata di competenza dell’Ordine professionale e non della Asl. Prima di sospendermi il salario, nessuno si è preoccupato di guardare i certificati medici. Per questo, dopo i 54 euro di gennaio, neanche un euro di stipendio a febbraio, marzo e aprile. Il 20 aprile, finalmente, riesco a sottopormi alla visita allergologica, che certifica l’esonero totale e permanente dal vaccino anti-Covid. Ma a maggio ricevo uno stipendio di soli 458 euro. Da Chieti, gli uffici amministrativi della Asl mi danno risposte vaghe».
Marco si rivolge, quindi, all’avvocata Angela Spoltore, che deposita un ricorso d’urgenza al giudice del lavoro di Vasto. «Lavoro da mesi senza essere retribuito. Ho le bollette da pagare, sono gli amici che mi aiutano a saldarle, e poi gli alimenti per mia figlia, visto che sono separato. Mi stanno togliendo la dignità».