I ricordi sono nitidi. Trent’anni non possono cancellare la memoria di quei servitori dello Stato che nella lotta alla mafia sono stati in prima linea proprio negli anni delle stragi.
Oggi è il trentesimo anniversario dell’attentato di Capaci, in cui furono assassinati il magistrato antimafia Giovanni Falcone, sua moglie Francesca Morvillo, anche lei giudice, e tre agenti della scorta: Antonio Montinaro, Vito Schifani e Rocco Dicillo. Cinquantasette giorni dopo, il 19 luglio del 1992, la strage di via D’Amelio. Un altro magistrato simbolo della battaglia contro la criminalità organizzata, Paolo Borsellino, fu ucciso dall’autobomba piazzata da Cosa nostra davanti casa della madre. Quei 400 chili di tritolo spezzarono la vita del magistrato e dei poliziotti Emanuela Loi, Agostino Catalano, Eddie Walter Cosina, Claudio Traina e Vincenzo Li Muli.
La testimonianza di due carabinieri che c’erano e quelle vicende agghiaccianti le hanno vissute. Il luogotenente Leonardo Farina, che oggi è comandante della Stazione di Cupello, e l’appuntato scelto Luigi Argentino , in servizio alla Compagnia di Vasto, raccontano a Chiaro Quotidiano. Lavoravano a Palermo, furono impegnati nelle scorte. Ricordano Falcone, Borsellino, gli altri magistrati del pool antimafia che fu istituito da una delle prime vittime di quella stagione terribile, Rocco Chinnici. E poi Emanuela Loi e i colleghi che non ci sono più.