Ieri sera è venuto a mancare all’affetto dei familiari, dei tanti che gli hanno voluto bene e dell’intera comunità di cui è stato membro ammirevole, il Prof. Italo Artese, un Uomo di altri tempi, un maestro di vita, un Insegnante, nella più completa accezione del termine. Uomo d’altri tempi perché, al contrario dell’attuale momento storico, nel quale l’interesse privato ed il “tornaconto” personale sono i nuovi “valori”, il Prof. Artese è stato sempre guidato dalla passione per ciò che faceva, dallo spirito d’iniziativa che lo ha sempre contraddistinto, dal disinteresse per il proprio profitto. Eravamo poco più che ragazzini, nella seconda metà degli anni settanta, io, Roberto Baiocco, Massimo Cionci, Roberto Pavone, Marino Autunno e Paola Donati (unico elemento femminile) che grazie a lui e con lui hanno dato lustro alla nostra scuola (allora ci si “teneva”) ed alla nostra città, arrivando a disputare le finali nazionali dei Giochi della Gioventù ed a conseguire plurimi titoli provinciali e regionali nelle specialità dell’atletica.
Per dare un’idea di com’era il Prof. Artese, basti pensare che, per permettere alla sua “squadra” di allenarsi a Pescara, presso l’allora “Libertas Aterno”, aveva acquistato, a proprie spese, un pulmino della Volkswagen (quello della “famiglia Bradford” per intenderci) con il quale ci portava “sotto e sopra”, personalmente e sempre a proprie spese, agli allenamenti: oggi non lo farebbe neanche l’allenatore più “illuminato”. Era istrionico ed affascinante nei modi (è lui che mi ha affibbiato il mio, irripetibile, soprannome) ma mai accondiscendente, sempre consapevole del ruolo di “guida” che gli era riconosciuto per l’educata autorevolezza che trasmetteva, per l’amore che metteva in quel che faceva che, inevitabilmente, coinvolgeva anche noi, piccoli scapestrati, ignari dell’opportunità di crescita di cui stavamo beneficiando.
Con il Prof. Artese ho avuto l’opportunità e la fortuna di condividere una meravigliosa avventura, di quelle che capitano raramente e per strane congiunture del fato: sono riuscito a diventare campione italiano di una specialità, il “salto quintuplo”, riservata agli atleti fino a quattordici anni ed a far segnare il record nazionale che ha resistito diversi anni. Anche se la specialità non era certo di quelle di risalto (i miei figli mi prendono ancora in giro), non era una cosa da tutti i giorni all’epoca, sia per noi diretti interessati che per la Città e finimmo addirittura sulle pagine del Messaggero, con tanto di foto, mia e del Prof. Artese, pagina di giornale che ho ritrovato, ingiallita ma ben ripiegata, nel portafogli di mio padre, quando è venuto a mancare qualche tempo fa.
Ricordo quei giorni con serena nostalgia: non appena ho terminato la gara, a Montecatini, qualche momento prima della premiazione e della proclamazione del record nazionale, non pensavo ad altro che al momento in cui l’avrei detto al Prof. Artese (allora non c’era l’attuale eccesso di mezzi di comunicazione). Il Sindaco dell’epoca mi mandò una corona d’alloro a Pescara, sede del rientro (mia nonna l’ha utilizzata per molto tempo per dare “odore” alle pietanze …) e quando ho finalmente incontrato l’unico con cui potevo condividere appieno quella gioia, prima che gli potessi dire qualsiasi cosa, il Prof. Artese mi ha stretto forte forte e mi ha sussurrato all’orecchio “grazie”. Lui che si era sacrificato per me, per noi suoi allievi, lui, a cui dovevo tutto quello che stava accadendo, ha ringraziato me, inconsapevole ragazzino. Questo era il Prof. Artese. Oggi tocca a me dirti grazie, mio indimenticabile Prof.!
Giovanni Di Santo